Autore Topic: Thiago Motta-Sarri, la sfida nel nome del gioco  (Letto 198 volte)

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Thiago Motta-Sarri, la sfida nel nome del gioco
« : Sabato 11 Marzo 2023, 13:00:41 »
www.corrieredellosport.it



di Alberto Polverosi

Una passione in comune: la visione del calcio come crescita tecnica attraverso l’esaltazione del collettivo. E storie diverse: da nobile e da proletario del pallone 


                   Certo che la vita degli allenatori è strana davvero. Prendiamo i due sfidanti di questa sera, Thiago Motta e Maurizio Sarri. Il laziale pur di avere un vero centravanti di riserva farebbe carte false; il bolognese, che di centravanti veri ne ha due, nell’ultima partita di lunedì scorso persa a Torino li ha portati in panchina e per quasi un’ora come prima punta ha schierato Barrow che centravanti non è. 


Via con Zirkzee

Stasera però Thiago Motta partirà con uno dei due numeri 9, il giovane olandese Zirkzee, un tipo di attaccante che farebbe la fortuna anche della Lazio come vice Immobile, per come sa muoversi sul fronte d’attacco e per come si associa alla squadra. Un calciatore di stampo sarriano che Motta sta facendo crescere con gli stessi concetti. Poi, se ne avrà bisogno, potrà rispolverare pure Arnautovic che, prima dell’infortunio, aveva segnato 8 gol in 14 partite. Sarri, quando Immobile è fuori, sposta un’ala come Felipe Anderson al centro, senza dargli mai un cambio: otto volte il brasiliano ha fatto l’Immobile e per otto volte è rimasto in campo fino alla fine. 


Opposti

Gli allenatori di Bologna-Lazio hanno origini, storie e percorsi profondamente diversi. Da giocatore, Thiago apparteneva alla nobiltà calcistica d’Europa, ha giocato nel Barcellona, nell’Atletico Madrid, nel Genoa nell’Inter, nel Paris Saint Germain e in Nazionale, è stato campione d’Europa col Barcellona e l’Inter e vice campione d’Europa in azzurro con Prandelli ct. Sarri era l’arcigno terzino sinistro dello Stia, Seconda Categoria toscana. Quando hanno iniziato ad allenare, Motta è partito dalla Under 19 del Paris Saint Germain, sulla sua strada hanno steso un tappeto rosso e lo hanno srotolato subito in Serie A, Genoa, Spezia e ora Bologna. Maurizio ha faticato tanto, è partito dallo Stia ed è salito piano piano, categoria dopo categoria, prima i Dilettanti, poi la Serie D, la Serie C, la Serie B, in mezzo qualche rovescio e qualche ripartenza. In A c’è arrivato per meriti conquistati sul campo a Empoli. Quando si dice un allenatore che si è fatto da solo. 


Vicinanza

Ora però qualcosa li accomuna, il senso del gioco, il piacere del gioco. In classifica ci sono 13 punti di differenza, ma il modo di stare in campo, di impostare la partita, di alzare il livello tecnico attraverso il collettivo, sono tutti punti che avvicinano i due allenatori. E c’è un altro aspetto che li lega: il rispetto del gruppo. Quando Thiago Motta ha spiegato la ragione per cui non ha fatto giocare Arnautovic a Torino è stato molto chiaro: «Undici meritano di giocare, due o cinque subentrano, gli altri devono continuare a lavorare per avere il loro momento. E Arnautovic era fuori da 40 giorni». Seppur partendo da basi e ragioni diverse, sembra di riascoltare quello che Sarri diceva per spiegare le esclusioni di Luis Alberto. L’austriaco e lo spagnolo sono i pezzi da 90 di Bologna e Lazio, ma di fronte al gruppo non si fanno sconti. 


Obiettivi

Con Thiago Motta il Bologna ha iniziato un percorso nuovo, la squadra si muove unita e compatta, sa attaccare e difendere tutta insieme. E’ andata male a Torino, ma nella partita precedente aveva battuto, anche sul piano del gioco, uno squadrone come l’Inter. Nelle ultime 8 partite, la svolta: 5 vittorie, un pareggio, 2 sconfitte, 16 punti in tutto, una media da Champions. In ogni caso Thiago ha l’obbligo di credere (e far credere alla squadra) nel traguardo del settimo posto. Nello stesso parziale di 8 partite, la Lazio di punti ne ha fatti 17, con una sconfitta, 2 pareggi e 5 vittorie, l’ultima è stata la più prestigiosa, di sicuro la più inattesa, al Maradona contro il Napoli, vittoria conquistata per le scelte e l’impostazione del tecnico con una solida organizzazione difensiva, a dimostrazione che il calcio non è uno solo. Il problema di Sarri, comune a tutti i suoi colleghi (Spalletti escluso) impegnati nelle coppe e nella corsa alla Champions, è la continuità che non c’è. E che, nel caso del laziale, non è facile trovare non avendo un centravanti di riserva.

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