Autore Topic: Quotidiani  (Letto 22282 volte)

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zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #140 : Sabato 8 Gennaio 2011, 11:46:23 »
(Il Fatto Quotidiano 08.01.2011)

“SOLE”, SCONTRO FINALE

Giornale in crisi come il suo editore Confindustria Riotta perde 54 mila copie, crollano gli abbonamenti 

(di Stefano Feltri)

Al Sole 24 Ore sta arrivando il momento della verità che, come per tutte le aziende, coincide con la presentazione del piano industriale (2011-2013), prevista per il prossimo consiglio di amministrazione. Lì si capirà come l’amministratore delegato, Donatella Treu, voglia reagire a quello che i giornalisti ormai chiamano “effetto Gianni Riotta”: 54 mila copie in meno. A settembre la testata risultava scesa a una diffusione media di 250 mila copie (ma i ben informati dicono che al numero andrebbero sottratte oltre 30 mila distribuite in omaggio).

I dati li sottolinea Nicola Borzi, giornalista ed ex componente del comitato di redazione (la rappresentanza sindacale interna), che in vista di una riunione prevista per lunedì tra redazione e cdr scrive ai colleghi: “In appena 16 mesi il nostro quotidiano ha visto la diffusione media calare di oltre 54 mila copie, le vendite complessive scendere di oltre 52 mila copie (-16,9 per cento) e gli abbonamenti pagati contrarsi addirittura del 27,4 per cento a meno di 95 mila copie”.

Proprio quest’ultimo dato, nei corridoi milanesi di via Monte-rosa, viene visto con particolare preoccupazione, visto che i professionisti che ricevono il quotidiano colorato in studio sono da sempre la base su cui si regge l’impero editoriale di Confindustria. E se perdi più abbonati che clienti in edicola, riflettono i giornalisti, significa che stai deludendo proprio il tuo pubblico di riferimento, quello affezionato più alla sezione Norme & Tributi e ai consigli per gli investimenti che agli editoriali tradotti dal Financial Times, cifra stilistica della gestione Riotta.

DA QUANDO è arrivato, un anno e mezzo fa, Riotta ha sempre avuto chiaro il progetto con cui imporre la svolta al Sole: il formato tabloid, circa la metà del “lenzuolo” attuale, già sperimentato per alcuni supplementi e per i dorsi regionali. Una pessima idea, secondo molti giornalisti, perché per riempire un giornale più piccolo servono meno redattori, forse soltanto 100. Mentre oggi il gruppo conta 400 giornalisti, di cui 250 per il giornale. 

Come ha anticipato il sito  lettera43.it, ci sarebbe uno studio realizzato da Andrea Chiapponi, ex capo della concessionaria di pubblicità, che dimostrerebbe come il cambio di formato implichi una riduzione stabile dei ricavi pubblicitari compresa tra il 15 e il 25 per cento. Perché fare un’operazione con premesse così disastrose? Il giornale soffre anche economicamente. Nei primi nove mesi del 2010 ha perso 25 milioni di euro, e in Borsa il titolo continua a deludere: nel 2010 ha perso il 30 per cento del valore. Nel palazzone milanese disegnato da Renzo Piano circolano varie teorie, più o meno complottiste. Ce n’è una quasi fantascientifica che però trova qualche appiglio nella cronaca. La teoria dice questo: Confindustria si sta sfaldando, picconata alla base dall’autonomismo della Fiat di Sergio Marchionne (scelto come uomo dell’anno dal giornale), la   presidente Emma Marcegaglia è in una impasse da cui non riuscirà a uscire e, in questa situazione, gli industriali non sono in grado di gestire e, men che meno, sfruttare un giornale come il Sole, che però potrebbe interessare ad altri. A marzo, dopo una mini-proroga (così breve da sembrare solo una foglia di fico), scade il divieto per gli editori televisivi di possedere quotidiani.

TUTTI PENSAVANO che il vincolo, previsto dalla legge Gasparri, servisse a evitare che Fininvest e Mediaset, cioè Silvio Berlusconi, mettessero le mani sul Corriere della Sera. Che però è presidiato da tre quarti del potere economico italiano, assai poco disposto a disfarsene. Più il Sole è debole, dicono i complottisti, più sarà scalabile. E il tabloid lo indebolirebbe parecchio, sostengono.

Il progetto langue da oltre un anno, ma potrebbe subire un’improvvisa accelerata con l’incontro di lunedì, dove il cambio di formato dovrebbe essere presentato come l’amara pillola da ingoiare per evitare 100 esuberi. Anche se, si è già visto, al Sole tagliare non serve a molto per i conti: “Nei primi nove mesi del 2010, rispetto allo stesso periodo del 2009, il costo del personale del gruppo è calato del 7,16 per cento attestandosi a 135,5 milioni”. Merito dello stato di crisi e di 31 prepensionamenti.

Nel frattempo continua la fuga delle firme, dopo Paolo Madron e Marco Alfieri, Riotta ha perso anche Marco Liera (che si era inventato l’inserto Plus24) e Orazio Carabini, che va a fare il vicedirettore dell’Espresso. Molti editorialisti sono insofferenti e non si farebbero pregare per cambiare. Riotta reagisce cementando la squadra di quelli di cui si fida, dai nuovi acquisti Daniele Bellasio e Christian Rocca a Paolo Bricco e Gianni Santambrogio (messo alla guida dell’inserto domenicale). I giornalisti non-riottiani sono pronti all’offensiva, e in questi giorni si costituiranno in un’associazione di giornalisti-azionisti per contrastare le scelte del direttore anche dal punto di vista industriale, oltre che da quello editoriale. Pronti, cioè, a chiedere i danni se la linea di Riotta continuasse a far perdere copie e soldi al gruppo.

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #141 : Sabato 15 Gennaio 2011, 12:23:35 »
(La Nuova Sardegna 15.01.2011)

Senza più lavoro 118 giornalisti, solidarietà dal sindacato, segnalazioni alla Procura.

CAGLIARI - UFFICIALIZZATO IL FALLIMENTO DI EPOLIS

Cagliari - Il gruppo editoriale Epolis è fallito in un mare di debiti, lasciando a terra 118 giornalisti. Il giudice Maria Teresa Spanu ha depositato la sentenza che obbliga l'azienda a consegnare entro tre giorni alla cancelleria del tribunale bilanci e scritture contabili. Gli altri creditori hanno un mese per entrare nella procedura fallimentare partita dall'istanza presentata dalla sorella dell'ex editore Nichi Grauso, mentre il 30 maggio il giudice esaminerà lo stato passivo.
Nel frattempo tre curatori - Giancarlo Dessì, Efisio Mereu e Sergio Vacca - analizzeranno i conti del gruppo per elaborare la prima relazione destinata al tribunale. A giorni la sentenza sarà trasmessa, come prevede la legge, alla Procura della Repubblica. Il procuratore capo Mauro Mura non ha voluto commentare, ma l'impressione diffusa negli ambienti giudiziari è che un fascicolo su ipotesi di bancarotta fraudolenta e altri reati connessi venga aperto già nelle prossime ore. Accertato il dissesto dell'azienda, riconosciuto dallo stesso editore, gravi anomalie sono emerse nel corso delle udienze dal giudice fallimentare: l'ultimo bilancio depositato da Epolis sarebbe quello del 2008; non sono state versate le quote di "tfr" dei dipendenti e neppure le rate dei mutui privati accesi dai giornalisti con l'ente previdenziale (Inpgi). Mancano all'appello contributi per quasi 4 milioni e circa 800mila euro di cassa malattia. In questo complesso di inadempienze si configurerebbe la bancarotta, che potrebbe comprendere - ma si saprà solo ad accertamenti conclusi - anche i primi anni della gestione.
Una cosa è certa: quando il fondatore Nichi Grauso ha ceduto le testate ad Alberto Rigotti - l'ha ricordato in una nota alle agenzie il presidente dell'Assostampa Francesco Birocchi - l'azienda era già carica di debiti. Stando alle fonti sindacali non meno di 50 milioni, poi cresciuti fino a 108 insieme ad una redazione costruita in gran parte con giovani reclutati a casaccio in giro per l'Italia. Eppure lo stato finanziario disastroso e il palese insuccesso editoriale delle testate sarde non hanno impedito alla Sfirs di erogare a Epolis (luglio 2007) un contributo di 3 milioni, spariti nella voragine dei debiti.
"Esigeremo con forza che i responsabili paghino un dissesto che sconvolge vite, professionalità e famiglie", ha detto il segretario nazionale Fnsi Franco Siddi, appresa la notizia al congresso in corso a Bergamo.
"La vicenda di Epolis - ha detto Birocchi - fa riflettere sulla nascita di imprese editoriali prive di qualunque garanzia sul pagamento di stipendi e contributi. Il sindacato farà la sua parte per evitare che ciò possa ripetersi". Solidarietà ai redattori di Epolis è stata espressa dall'Ordine dei giornalisti, dall'Unione cronisti sardi e dal comitato di redazione della Nuova Sardegna.
(m.l.)


Sorcio

Re:Quotidiani
« Risposta #142 : Sabato 15 Gennaio 2011, 16:10:45 »
(La Nuova Sardegna 15.01.2011)

Senza più lavoro 118 giornalisti, solidarietà dal sindacato, segnalazioni alla Procura.

CAGLIARI - UFFICIALIZZATO IL FALLIMENTO DI EPOLIS

Cagliari - Il gruppo editoriale Epolis è fallito in un mare di debiti, lasciando a terra 118 giornalisti. Il giudice Maria Teresa Spanu ha depositato la sentenza che obbliga l'azienda a consegnare entro tre giorni alla cancelleria del tribunale bilanci e scritture contabili. Gli altri creditori hanno un mese per entrare nella procedura fallimentare partita dall'istanza presentata dalla sorella dell'ex editore Nichi Grauso, mentre il 30 maggio il giudice esaminerà lo stato passivo.
Nel frattempo tre curatori - Giancarlo Dessì, Efisio Mereu e Sergio Vacca - analizzeranno i conti del gruppo per elaborare la prima relazione destinata al tribunale. A giorni la sentenza sarà trasmessa, come prevede la legge, alla Procura della Repubblica. Il procuratore capo Mauro Mura non ha voluto commentare, ma l'impressione diffusa negli ambienti giudiziari è che un fascicolo su ipotesi di bancarotta fraudolenta e altri reati connessi venga aperto già nelle prossime ore. Accertato il dissesto dell'azienda, riconosciuto dallo stesso editore, gravi anomalie sono emerse nel corso delle udienze dal giudice fallimentare: l'ultimo bilancio depositato da Epolis sarebbe quello del 2008; non sono state versate le quote di "tfr" dei dipendenti e neppure le rate dei mutui privati accesi dai giornalisti con l'ente previdenziale (Inpgi). Mancano all'appello contributi per quasi 4 milioni e circa 800mila euro di cassa malattia. In questo complesso di inadempienze si configurerebbe la bancarotta, che potrebbe comprendere - ma si saprà solo ad accertamenti conclusi - anche i primi anni della gestione.
Una cosa è certa: quando il fondatore Nichi Grauso ha ceduto le testate ad Alberto Rigotti - l'ha ricordato in una nota alle agenzie il presidente dell'Assostampa Francesco Birocchi - l'azienda era già carica di debiti. Stando alle fonti sindacali non meno di 50 milioni, poi cresciuti fino a 108 insieme ad una redazione costruita in gran parte con giovani reclutati a casaccio in giro per l'Italia. Eppure lo stato finanziario disastroso e il palese insuccesso editoriale delle testate sarde non hanno impedito alla Sfirs di erogare a Epolis (luglio 2007) un contributo di 3 milioni, spariti nella voragine dei debiti.
"Esigeremo con forza che i responsabili paghino un dissesto che sconvolge vite, professionalità e famiglie", ha detto il segretario nazionale Fnsi Franco Siddi, appresa la notizia al congresso in corso a Bergamo.
"La vicenda di Epolis - ha detto Birocchi - fa riflettere sulla nascita di imprese editoriali prive di qualunque garanzia sul pagamento di stipendi e contributi. Il sindacato farà la sua parte per evitare che ciò possa ripetersi". Solidarietà ai redattori di Epolis è stata espressa dall'Ordine dei giornalisti, dall'Unione cronisti sardi e dal comitato di redazione della Nuova Sardegna.
(m.l.)

Decisione tardiva. Peccato solo per tanti, tanti, soldi che non vedremo mai..

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #143 : Lunedì 28 Febbraio 2011, 07:45:10 »
(ilfattoquotidiano.it)

Ecco l’edizione berlusconiana del “Secolo”
Perina: “Non possiamo diventare house organ”


Una vignetta di Vauro in copertina, una di Natangelo a pagina tre. Entrambe “a favore” di Silvio Berlusconi. Entrambe pubblicate sul Secolo d’Italia, foglio storico della destra italiana, oggi di area finiana, ma presto organico al Pdl e a Silvio Berlusconi (quando il nuovo Cda frutto di una spartizione tra gli ex colonnelli di An rimasti con Berlusconi prenderà possesso della “macchina”). Ecco dunque la provocazione: un’edizione “berlusconizzata”. Titolo di copertina dell’edizione domenicale del giornale: “Il ‘loro’ Secolo? Prove tecniche di trasmissione”.

All’interno una serie di articoli (non inventati, semplicemente presi a prestito da quanto già pubblicato dagli house organ) pro-Berlusconi, ad esempio: “Ruby era la nipote! Ecco come il Cavaliere ha cercato di salvarci”. Proprio in quest’ottica bisogna interpretare la doppia ospitata di due vignettisti storicamente distanti da Berlusconi chiamati a disegnare “pro” premier: una forzatura, un modo di costringere qualcuno (o qualcosa, come – appunto – Il Secolo) ad essere ciò che non è nella sua natura. “Non abbiamo aggiunto niente”, dice a ilfattoquotidiano.it Flavia Perina, direttore del Secolo: “Vogliamo dimostrare che questi articoli, realmente pubblicati, sono contrari alla tradizione storica di questo giornale”.

“Ecco qui, amici vicini e lontani, il Secolo d’Italia versione arcoriana”, attacca l’editoriale a pagina 2 del Secolo che spiega l’iniziativa. Una scelta “un po’ per divertirci, un po’ per far capire materialmente di cosa si parla quando si dice che il Secolo deve tornare fedele alla maggioranza che è rimasta con Berlusconi”. E il direttore Flavia Perina, raggiunta telefonicamente, aggiunge: “Basta pensare alle dichiarazioni di Berlusconi sulla scuola pubblica per capire che un Secolo ridotto ad house organ sarebbe qualcosa di lontanissimo dalla tradizione della destra italiana”.

L’edizione domenicale propone quindi articoli usciti sui giornali amici di Berlusconi, interviste e la relazione con la quale Maurizio Paniz ha proposto di respingere la richiesta di autorizzazione alla perquisizione domiciliare nei confronti del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sottolineando la “convinzione, vera o sbagliata che fosse”, del premier, “che Karima El Mahroug fosse parente di un presidente di Stato”.

Il “gioco” è svelato nella titolazione, volutamente forzata, sullo stile, appunto, degli house organ di Berlusconi: le affermazioni di Anselma Dell’Olio sulla manifestazione delle donne di due domeniche fa sono titolate “Altro che indignazione, quelle donne in piazza fanno orrore e schifo”; l’intervista del capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri contro le proteste studentesche viene titolato “Agli studenti dico: dovete finire in galera”. Stessa sorte per il ministro della Difesa Ignazio La Russa che parla in difesa di Berlusconi. C’è poi un articolo di Marcello Veneziani contro Gianfranco Fini ha per titolo “Le idee di Fini? Sono solo spazzatura”. Infine il Secolo ripubblica un editoriale del 17 gennaio scorso del direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti. Tema: la misteriosa fidanzata di Berlusconi.

Reazioni? “Ai lettori è piaciuta l’idea – dice Flavia Perina – ho letto commenti divertiti su Facebook”. E i nuovi “padroni”, cioè i membri del Cda pro Pdl? “Loro il nostro giornale non lo leggono nemmeno, se ne accorgeranno domani, quando Libero o Il Giornale riprenderanno la nostra iniziativa. Succede sempre così: non si accorgono finché non leggono su altri quotidiani le riprese dei nostri articoli”.

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #144 : Giovedì 17 Marzo 2011, 11:44:30 »
(Il Fatto Quotidiano 17.03.2011)

Saviano soccorre Riotta Al Sole s’infuriano

LO SCRITTORE: HA ATTACCATO LA MAFIA LA RISPOSTA DAL QUOTIDIANO: È FALSO

(di Carlo Tecce)

Il consiglio di amministrazione del gruppo editoriale Sole 24 Ore non rimpiange l'uscita di Gianni Riotta: per due mesi ha cercato di cacciarlo e martedì ce l'ha fatta. Gli azionisti del quotidiano di Confindustria non hanno nostalgia di un direttore che perde 54 mila copie e segna un rosso di 40 milioni di euro nel 2010. E non ha ripensamenti la redazione che l'ha sfiduciato con il 70 per cento dei voti. Roberto Saviano è l'unico che celebra il giornalista american style, il direttore che saluta i lettori e i colleghi con un ironico you band of brothers and sisters.

L'ex editorialista del Corriere aveva pochi fratelli e sorelle al Sole, ma scopre che l'amicizia con lo scrittore di Gomorra è intatta sin dai tempi del Tg1. Saviano scomoda l'antimafia, il fango e la libertà per difendere Riotta: “Mi dispiace molto che Riotta abbia deciso di lasciare il Sole 24 Ore perché la sua direzione ha realizzato un giornale libero, con al centro la battaglia antimafia che una parte responsabile di Confindustria aveva deciso di combattere. Un giornale che era riuscito a far arrivare ai lettori giovani le argomentazioni spesso non facili dell'economia e della finanza. Il fango – continua Saviano – insinua che con la direzione Riotta il Sole perdeva copie, la verità è un'altra e basta vedere i dati reali: in Italia fare il giornalista è un mestiere pericoloso se si vuole essere liberi e senza condizionamenti. La libertà dei giornalisti è sgradita al potere politico”.

L’intervista a Scilabra

IL GIORNALISTA Nicola Borzi, ex componente del cdr del Sole, replica punto su punto a Saviano: “Il tono della ‘lotta antimafia’ di Riotta è sempre stato a corrente alternata: forte con la criminalità ‘bassa’, quella che strangola i commercianti col pizzo (specie se i commercianti in questione sono i suoi cugini della ‘Antica Focacceria San Francesco’ di Palermo), debolissimo, quasi assente, con la criminalità ‘alta’, quella dei colletti bianchi”. E sui dati (ufficiali) Ads e i conti malmessi del quotidiano di Confidustria c'è poco da discutere. Ma c'è un episodio che scardina Riotta dal predellino di giornalista antimafia”. 

Borzi ricorda che Riotta rifiutò un'intervista esclusiva di Giuseppe Oddo all'ex banchiere palermitano, Giovanni Scilabra, che negli anni Ottanta incontrò Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri che chiedevano prestiti per un imprenditore brianzolo, Silvio Berlusconi. Per il direttore del Sole “non era il momento”. E così Scilabra parlò con il Fatto Quotidiano.

Il retroscena l'ha raccontato l'ex banchiere, interrogato dai pm di Palermo per il processo al generale Mario Mori: “Avendogli io riferito l'episodio della proposta di Cianci-mino e Dell'Utri, Oddo mi ha chiesto la disponibilità a rilasciare un'intervista al suo giornale. Alla mia risposta positiva, dopo pochi giorni, mi haperòcomunicatocheilsuo direttore, Riotta, gli aveva detto che non era il momento”.

54mila copie in meno e 40 milioni di rosso

BORZI aggiunge un'altra istantanea che fotografa il rapporto Riotta lotta antimafia:“Se Saviano avesse letto almeno il Sole del suo sodale Riotta, si sarebbe accorto che su questo giornale è stata realizzata la ‘santificazione’ di un altro ex banchiere siciliano, Gerlando Micciché, che subito dopo l'omicidio del prefetto Dalla Chiesa, di sua moglie e di un agente di scorta per mano di mafia da vicedirettore del Banco di Sicilia sostenne che i banchieri non dovevano interrogarsi sulla provenienza dei capitali dei clienti”.

Borzi nella sua lettera, inviata a numerosi quotidiani, fa riferimento all'amicizia tra l'ex direttore del Sole e lo scrittore. Riotta al Tg1 fu tra i primi, e non è un demerito, a intervistare Saviano all'epoca giovane e promettente autore di Mondadori e poi, nel 2007, all'apice del successo la rubrica Benjamin premiò Gomorra libro dell'anno. 
Ma più che la simpatia tra i due, a Borzi e ai giornalisti del Sole non piace l'encomio pubblico di Saviano per un direttore che ha smarrito lettori, che voleva un formato tabloid e che lascia 40 milioni di euro di perdite. Questa è l'eredità che ricevono dal giornalista american style – dicono al Sole – non la lotta all'antimafia.




zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #145 : Sabato 9 Aprile 2011, 07:53:45 »
(Il Fatto Quotidiano 09.04.2011)

I BLITZ DELLA GUARDIA DI FINANZA

GIORNALI, STRETTA SUI FURBETTI DEI CONTRIBUTI DOPPI

(di Beatrice Borromeo)

Adesso qualche milione di euro tornerà nelle casse dello Stato, o almeno l’emorragia annuale di soldi pubblici frenerà un po’, dato che gli editori - almeno quelli più spudorati - dovranno restituire i contributi del governo alla stampa che non avevano il diritto di ricevere. E rischiano anche di dover pagare multe salate comminate dal Garante per le Comunicazioni.

La stretta sui furbetti dell’editoria, fortemente incoraggiata dall’Agcom, sta portando ad accertamenti sistematici delle violazioni e non solo a singole sanzioni che servano da spot contro gli sprechi (o a controlli formali che difficilmente portavano risultati). Non solo i casi più noti come Libero e il Riformista, ma controlli a tappeto su tutta la stampa: per esempio su quella cattolica. Nel mirino di Palazzo Chigi ci sono perfino i piccoli giornali dei parroci.

Il nuovo regolamento dell’editoria prevede che, dal prossimo anno, alla Guardia di Finanza verranno trasmessi automaticamente tutti i fascicoli sospetti e ogni segnalazione non anonima su possibili irregolarità. Queste saranno poi verificate, oltre che dall’Agcom, anche dalla Gdf, che ha poteri di accertamento maggiori e che anche nelle ultime settimane ha ispezionato redazioni e sedi di società editoriali.

Gli ultimi furbetti scivolati sui contributi pubblici sono due onorevoli-editori, Antonio Angelucci (Pdl) e Italo Bocchino (Fli). Entrambi percepivano, sia pure indirettamente, finanziamenti per due quotidiani ciascuno: peccato che a ogni editore è consentito incassare fondi pubblici per una sola testata.

I signori della sanità romana rischiano di perdere molti milioni: solo nel 2008, per i contributi maturati nel 2007, Libero ha incassato 7,7 milioni di euro, mentre al Riformista ne arrivano 2,5 milioni ogni anno nonostante venda in media meno di 2 mila copie in edicola. La Tosinvest, holding di controllo dell’impero Angelucci, è proprietaria delle testate di Libero e il Riformista che poi affitta a una cooperativa editoriale (il Riformista) e a una società a responsabilità limitata (Libero). Ma l’Agcom e Palazzo Chigi hanno stabilito che l’editore è sempre lo stesso: la famiglia Angelucci. E adesso ai proprietari della Tosinvest vengono a mancare oltre 40 milioni di finanziamenti indebiti ricevuti negli ultimi 5 anni. Ne hanno già incassati la metà, che ora devono restituire. Il resto è stato già messo a bilancio e poi congelato, ma ora non arriverà più. Per il futuro comunque il problema è stato in parte risolto, cedendo la testata del Riformista a uno degli ideatori del progetto originario, l’ex senatore del Pci Emanuele Macaluso, che nei primi anni di vita del giornale, nato nel 2002, era il tramite per i finanziamenti pubblici.

Il caso di Bocchino riguarda i quotidiani Il Roma (di Napoli, controllato dalla moglie Gabriella Buontempo) e l’Umanità, ma l’Agcom sta ancora accertando le violazioni. Intanto l’erogazione dei finanziamenti a Il Roma – edito da Edizioni Riformiste – è stata sospesa, e il quotidiano bocchiniano rischia una multa di 1,5 milioni. E proprio ieri, secondo quanto risulta al Fatto, altre due testate medio-piccole sono finite nella lista nera dei controllori. Ma per ora i nomi sono top secret. I soldi che restano allo Stato, tra quelli che non dovrà più erogare e quelli che recupererà dai truffatori, non sono pochi. Il problema è che ci vorrà del tempo: per ottenere le somme dovute serve una sentenza definitiva. Come nel caso del senatore Pdl Giuseppe Ciarrapico, editore di Nuova Editoriale Oggi Srl e Editoriale Ciociaria Oggi, indagato per truffa allo Stato sull’editoria: in attesa di un esito, per precauzione, la Guardia di Finanza ha sequestrato 20 milioni di euro di beni.