Autore Topic: Sono un coppiano pentito III parte  (Letto 1018 volte)

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Offline giangoverni

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Sono un coppiano pentito III parte
« : Lunedì 13 Settembre 2010, 00:06:29 »
La casa di Fausto è presa d’assalto dai cronisti che bivaccano lì da giorni. Vogliono sapere se Fausto parteciperà al Tour o se veramente lascerà il ciclismo per sempre come ha dichiarato dopo la morte di Serse. Bruna non ce la fa a tenerli a bada, ogni giorno ci sono battibecchi, telefonate ai carabinieri, porte sbattute, minacce, mentre Fausto se ne sta in casa, sdraiato sul letto. Si rifiuta di leggere giornali e di rispondere alle telefonate. Ha rifiutato persino di rispondere al commendator Zambrini che è il direttore della Bianchi. Bruna che dovrebbe essere contenta perché si è deciso a lasciare quel maledetto mestiere, non lo è perché non gli può piacere il modo con cui ha maturato questa decisione e poi ha finalmente capito che per suo marito il ciclismo è tutto. Che cosa farà ora, si domanda. E’ vero, Fausto, ha guadagnato abbastanza per vivere di rendita per il resto della sua vita ma si può rimanere senza lavoro a poco più di trenta anni?
Bruna entra nella camera da letto dove Fausto se ne sta da tre giorni a guardare il soffitto. «Ti ho detto che non voglio vedere nessuno», le dice Fausto.
Bruna si mette seduta sul letto e gli accarezza i capelli, «Fausto, questa persona che è venuta a trovarti non puoi non riceverla, non è uno qualsiasi...».
«E chi sarà mai?», la interrompe Fausto.
«E’ Bartali, mi ha detto che era qui di passaggio e ha pensato di venirti a salutare. Non puoi fargli questo sgarbo».
Bartali proprio non se lo aspettava, sì era venuto ai funerali, lo aveva visto piangere - era amico di Serse -, ma a casa sua non se lo aspettava.
Gino e Fausto, dopo un abbraccio muto, sono ora l’uno di fronte all’altro. Sembra che Gino, sempre così loquace, sempre così abile a sdrammatizzare ogni situazione, con una battuta, con una frase rassicurante, oggi di fronte a quel suo amico piegato dal dolore, non trovi neppure una parola.
«Senti, Fausto», Gino rompe il silenzio, «ti ho mai raccontato di mio fratello Giulio?», continua senza aspettare la risposta, «era anche lui più giovane di me, non ho mai saputo se corresse per vocazione o per affetto nei miei confronti. Mi voleva bene e io gli volevo bene. Quando ci si ritrovava a casa, quelle rare volte che si riusciva a stare insieme, si facevano grandi progetti. Insieme avremmo conquistato il mondo, avremmo vinto tutto, Giri d’Italia, Giri di Francia, Campionati del Mondo. Una volta io e una volta lui. Avevamo praticamente in programma di ammazzare il ciclismo. La mia mamma ascoltava i nostri discorsi e scuoteva la testa, ma gli piacevano quei due figli così affiatati e così ottimisti. Penso che Giulio fosse più forte di me, quando uscivamo insieme in allenamento, mi batteva in pianura e in volata e in salita riusciva a tenere il mio ritmo meglio di tanti professionisti. Ma un giorno, durante il campionato italiano per dilettanti, un’automobile che veniva in senso contrario e che era sfuggita a tutte le segnalazioni, lo prese in pieno e se lo portò via per sempre. Io senza Giulio su quella bicicletta non mi ci vedevo più, mi era sembrato tutto inutile, odioso. Volevo smettere come te, volevo dare retta alla mia mamma che mi supplicava con gli occhi di farla finita. Ma poi cedetti alle pressioni delle mie sorelle, dei miei colleghi, dei miei amici, dei tifosi che mi seppellivano di lettere, di telegrammi. Tutti mi dicevano “fallo per Giulio, lui vorrebbe così, lui non ti chiederebbe mai un sacrificio così grande, tu non hai il diritto di lasciare il ciclismo”. Capii che non ne avevo il diritto e continuai». Gino rimane un attimo in silenzio poi conclude «anche tu non hai il diritto di smettere, Fausto».   

Offline benvolio

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Re:Sono un coppiano pentito III parte
« Risposta #1 : Lunedì 13 Settembre 2010, 19:31:49 »
La storia di questi due personaggi, storia umana intendo, sembra scritta com un incastro di alter ego, opposti e complementari, col destino ad intrecciarne la sorte. Bello! grazie ancora!