Autore Topic: Klose dice addio. Smette il miglior marcatore della storia dei mondiali  (Letto 629 volte)

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A 38 anni il centravanti tedesco di origini polacche si ritira: chiude dopo 339 reti da professionista e il primato del miglior realizzatore della competizione iridata e della nazionale tedesca. L'ultimo gol il 15 maggio scorso contro la Fiorentina con la maglia della Lazio

di MATTEO PINCI

ROMA - A Roma, dove pure di storia ne è passata, avevano preso il suo soprannome e l'avevano deformato per raccontarlo con quattro lettere appena: da Miro a Mito. Oggi a 38 anni, dopo quattro mesi da disoccupato, Miroslav Klose dice basta: quello contro la Fiorentina lo scorso 15 maggio all'Olimpico contro la Fiorentina resterà l'ultimo dei 339 gol nella carriera del fuoriclasse tedesco, non solo della sua avventura italiana alla Lazio. Aveva offerte dagli Usa e dagli Emirati, nulla però che stimolasse la sua fantasia: soltanto poche settimane fa pure il Napoli aveva pensato a lui. Ma forse la testa era già altrove. A una vita più tranquilla con la moglie Sylwia e i piccoli Luan e Noah, gemelli di 9 anni che già hanno iniziato a seguire le orme del padre sui campi di calcio.

Certo di cose da raccontare ai nipotini, Klose, ne avrà eccome. Potrà raccontare degli inizi a Blaubach-Diedelkopf, squadretta locale di Kusel dove s'erano trasferiti dalla Polonia papà Jozef e mamma Barbara nel 1986. Da ragazzino lo raccontano quasi svogliato: "Quando non aveva voglia avremmo potuto usarlo come un palo della porta", racocntavano da quelle parti. Partendo da lì, però, s'è preso tutto: miglior realizzatore della storia della nazionale tedesca con 71 centri, soprattutto il più grande cannoniere della storia della Coppa del Mondo: 16 gol, meglio anche del "fenomeno" Ronaldo, mica CR7. Un traguardo che ha inseguito riuscendo a meritarlo strappando la convocazione per i mondiali brasiliani a 36 anni suonati. Un mondiale chiuso prendendosi quell'ultimo titolo che gli mancava: il Mondiale, soltanto accarezzato 12 anni prima, in Giappone, perdendo la finale contro il Brasile. Una ascesa infinita: iniziata con il salto nella seconda squadra dell'Homburg, nella Regionalliga, ma meritandosi in fretta la prima squadra. Discorso identico al Kaiserslautern, dove era arrivato per giocare con i baby ritrovandosi invece a debuttare a ventuno anni in Bundesliga. Sembrava quasi tardi per diventare una stella. E invece da quel momento l'anatroccolo di Opole diventa un cigno: arrivano il Werder Brema, che lui trascina alla vittoria della coppa tedesca nel 2006. Poi il Bayern Monaco, la squadra più forte della Germania, l'occasione per il definitivo salto in alto: due volte la Bundesliga, altrettante la coppa di Germania, pure la Supercoppa. Quando se ne va, nel 2011, per tentare l'avventura italiana con la Lazio, ha ancora un sogno: la Coppa, quella conquistata due anni fa con la Germania. Abbastanza per dimenticare pure la sconfitta nella finale di Champions del 2010 con l'Inter: l'unico magone da portarsi dietro alla fine del viaggio. Insieme a tanti motivi per dimenticarlo in fretta.

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