Autore Topic: Immobile - Il Ciro d’Italia è iniziato qui: «Dormiva.... Ma Poi Era Gol»  (Letto 534 volte)

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Immobile - Il Ciro d’Italia è iniziato qui: «Dormiva.... Ma Poi Era Gol»
Viaggio e Torre Annunziata, dove la punta della Lazio e’ un idolo. La mamma: «Voleva essere famoso, la sua tenacia ha vinto»


Il Viaggio
Di Gianluca Monti
Torre Annunziata (NA)

Il «Ciro d’Italia», all’anagrafe Ciro Immobile, domani farà nuovamente tappa a Torino. Una città che il bomber della Lazio considera una seconda casa perché sotto la Mole è diventato uomo e ha avuto le maggiori soddisfazioni professionali. A Torino lo ha scoperto la Juve, quando con gli Allievi Nazionali del Sorrento realizzò una doppietta nel 2007 proprio contro i granata, e sempre lì, anni dopo, ha incrociato Ventura che ha dato la svolta decisiva alla sua carriera.

UOMO SIMBOLO
Ora che il suo mentore allena la Nazionale, lui è a tutti gli effetti il «Ciro d’Italia». Il traguardo è fissato in Russia nel 2018. La partenza è a Torre Annunziata, pochi chilometri a sud di Napoli: disagio sociale ma anche un paesaggio da urlo con Capri sullo sfondo. Una città nel pallone dal 1908, da quando cioè è stato fondato il Savoia, il club (primo a punteggio pieno nel girone A di Eccellenza) di cui Ciro è adesso presidente onorario e il papà Antonio uno dei due vicepresidenti. La storia di Immobile è quella semplice di un ragazzo col sogno di diventare calciatore, coltivato inizialmente al Circolo Oplonti (del quale ora è socio onorario insieme ad altri celebri sportivi torresi, come la pugilessa Irma Testa). Le sue radici sono salde, Ciro ne va orgoglioso. A Torre Annunziata è considerato un simbolo. Il Comune gli ha conferito una targa come ambasciatore «Mondiale» (non a caso...) della città e lui va fiero del ruolo di testimonial dell’AiCoVis, l’associazione italiana contro la violenza negli stadi che ha sede qui.

RUDY E LE DONNE
Come spesso accade, Ciro viene impropriamente definito «figlio d’arte» nel senso che papà Antonio giocava sì a calcio ma non è mai diventato professionista (fa ancora l’attaccante nel campionato Intersociale senior con buoni risultati). Il pallone è un vizio di famiglia, finanche il cane Rudy a casa Immobile fa prodezze con la sfera tra le zampe. Se i video fossero su YouTube il web impazzirebbe. Chissà, magari prima o poi Jessica, la moglie di Ciro che è molto attiva sui social, provvederà a postare un filmato di Rudy che palleggia. A proposito, le donne che contano nella vita di Ciro sono essenzialmente due. L’altra è mamma Michela, che di sacrifici ne ha fatti tanti per far crescere al meglio sia lui sia il fratello maggiore Luigi, ingegnere informatico. A scuola il centravanti della Nazionale faceva il minimo indispensabile: «Mi diceva sempre che sarebbe diventato un calciatore famoso – ricorda mamma Michela – e la sua forza di volontà è stata premiata».

IL CAMPO ITALIA
In effetti, Immobile non è il classico attaccante tutto dribbling e finte. Lui bada al sodo: «Ha il gol nel sangue da quando era piccolo», spiega Guglielmo Ricciardi, che di Immobile è stato un po’ la chioccia visto che lo ha portato giovanissimo a Sorrento dalla scuola calcio Torre Annunziata ‘88. Ogni giorno Ciro prendeva la Vesuviana per andare ad allenarsi, se non giocava a carte con i compagni cercava di dormire. Talvolta ci riusciva fin troppo bene: «In certe circostanze, sembrava non si fosse alzato dal letto per venire a giocare», ricorda Ricciardi. «Quando pensavi di sostituirlo però aveva già fatto due gol». Così ci mise poco a diventare l’idolo del Campo Italia. Già, lo stadio di Sorrento – quello dove Immobile si è fatto ammirare in tenera età da tanti addetti ai lavoro – si chiama così: un segno del destino per uno che adesso deve trascinare la Nazionale.
 
INEDITO
«L’esperienza in Costiera è stata determinante per la sua crescita», racconta papà Antonio. «Lì ha cominciato a segnare e non si è più fermato ». Nel 2007 Ciro era in rampa di lancio e il Sorrento riceveva telefonate quotidiane da numerosi club di A (Milan, Fiorentina e Genoa) che avevano messo gli occhi su di lui dopo uno straordinario campionato con gli Allievi (culminato appunto con la doppietta di Torino contro i granata). «Devo svelare una cosa inedita: prima ancora, nel 2004, mio figlio stava per andare al Napoli», dice Antonio. «Poi la società fallì e non se ne fece più nulla». I tifosi azzurri in estate avevano accarezzato l’idea di vedere Ciro vestire la maglia del Napoli, ma il vero abboccamento risale dunque a tredici anni fa.

PROVINO NERAZZURRO
Nella storia del Ciro d’Italia, però, c’è stato anche il derby di Italia: l’Inter, infatti, è stata probabilmente la squadra più vicina all’acquisto di Immobile prima del suo passaggio alla Juve. «Andammo a fare una partita ad Interello – racconta Ricciardi – Baresi e Ausilio volevano vedere Ciro da vicino. Lui giocò male, loro a quel punto decisero giustamente di temporeggiare e arrivò la Juve». Gli osservatori bianconeri Filardi e Varriale, in realtà, lo studiavano da un po’: a un certo punto chiesero al Sorrento di schierarlo con la Berretti quando Ciro era ancora negli Allievi. Anche contro i più grandi si faceva valere e allora, con il placet di Ciro Ferrara che era il responsabile del vivaio bianconero, lo portarono a Torino. Un sogno per quel ragazzo cresciuto nel mito di Del Piero, al posto del quale poi ha esordito sia in A che in Champions.

ZEMAN E VENTURA
Ciro, soprannominato «la campana» per via di quella sua corsa ondeggiante, è diventato «Ciro il Grande» a Vinovo, dove mamma e papà gli fecero la sorpresa di andarlo a trovare per i diciotto anni nonostante la signora Michela detesti, ancora oggi, prendere l’aereo. Lei ripetutamente gli chiedeva di tornare a casa a Torre Annunziata, il figlio non ci ha mai pensato. Ormai il suo sogno era lì, doveva solo acciuffarlo. Riuscirci è stato meno facile di quanto pensava. Una volta uscito dalla Primavera bianconera, Immobile ha dovuto peregrinare un po’ in provincia. A Pescara ha trovato Zeman che ha puntato deciso su di lui e lo ha ripagato con la promozione in A. Per Ciro la fiducia è tutto. Giampiero Ventura ha capito proprio questo, Immobile bisogna saperlo aspettare: «La prima rete con il Torino l’ha realizzata dopo sette partite – dice papà Antonio –. Ventura non ha mai smesso di credere in lui e per questo mio figlio ha un rapporto speciale con il c.t.».

TORO, MIHAJLOVIC E FEDE
Anche quello con i tifosi granata è solido. Torino e il Toro sono nel cuore di Immobile che si è legato molto lo scorso anno pure a Belotti, con il quale condivide la maglia della Nazionale e il ruolo di capocannoniere italiano del campionato con cinque gol. «Belotti nella passata stagione si è sbloccato proprio con l’arrivo in granata di Ciro, si trovano bene in coppia sia dentro sia fuori dal campo». Il commento tecnico di papà Antonio non fa una grinza. Peccato che i due, almeno a livello di club, si siano separati: «L’offerta della Lazio era irrinunciabile», conclude Immobile senior. «Mihajlovic comunque avrebbe tenuto Ciro in granata con piacere anche se lo scorso anno al Milan avrebbe potuto prenderlo e invece... ». Dovesse segnare domani contro la sua ex squadra Immobile sicuramente non esulterebbe. Al massimo potrebbe farsi il segno della croce: Ciro è devoto alla Madonna della Neve di Torre Annunziata, che si festeggia oggi alla vigilia della gara. Per via del suo essere cattolico, quando giocava a Dortmund ha pagato oltre 150.000 euro perché in Germania sono direttamente i fedeli, attraverso una ritenuta volontaria, a finanziare la confessione alla quale appartengono. Casa, chiesa e gol: questo è il Ciro d’Italia che domani fa di nuovo tappa a Torino.

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