Si è molto discusso in questi giorni delle somme incassate dalla Lazio per la cessione dei cartellini di alcuni calciatori e del mancato reinvestimento di quei proventi, in ciò individuando la prova di una volontà di non crescere indipendente dalle risorse finanziarie disponibili. Si vedano in tal senso alcune attente riflessioni di Er Matador, utente del quale apprezzo moltissimo gli interventi e che leggo sempre con piacere, anche quando non sono d'accordo con qualche sua valutazione, per il quale il mancato o limitato reinvestimento delle entrate prodotte dalle cessioni hanno fatto cadere "l'alibi" di una carenza negli investimenti causata dalla limitatezza delle risorse disponibili.
La cosa mi ha lasciato un po' perplesso in quanto, si veda qualche mia osservazione delle ultime settimane, mi sembra venga dato un risalto eccessivo, nell'individuare le disponibilità di un club per il mercato dei calciatori, al saldo delle entrate e uscite del costo dei cartellino dei calciatori. Anzi... dalle discussioni, non solo dei tifosi, ma anche degli addetti ai lavori che commentano queste operazioni, quel saldo sembra essere l'UNICO riferimento per compiere questa valutazione.
Si parla quindi e si diffondono i concetti di "tesoretto" o straordinari sessanta o settanta milioni che la Lazio avrebbe avuto ad un certo punto a disposizione per acquisire calciatori di quel valore.
Di quel valore di costo del cartellino ovviamente, l'unico fattore ed elemento osservato e pesato nell'analisi comune degli osservatori, accreditati o meno che siano. E allora con sessanta ce ne puoi far entrare o ce ne potevi far entrare tre o quattro forti, chennesò, Rodrigo Caio, Muriel oppure Brahimi, un Allan oppure un Benassi (...) e ti avanzava pure qualche spicciolo! Ma...
Nessuno o pochi a considerare gli ingaggi di chi entra e chi esce e a valutare QUELLO di saldo. E gli ingaggi, gli stipendi dei calciatori, sono la componente ordinaria e strutturale dei costi di una società. Il costo del cartellino è una componente soprattutto finanziaria, si spalma con l'ammortamento negli anni, permette la realizzazione di plusvalenze alla dismissione, viene tra club della stessa nazionalità liquidato in compensazione sui conti correnti delle Leghe, ecc. Insomma, è importante, ma forse non così decisivo in assoluto.
Anzi... mi venne da scrivere prima che si profilasse la cessione di Keita al Monaco...
Il saldo entrate e uscite nel costo dei cartellini, arrivo a dire esagerando, ma per evidenziare che non è la priorità, la Lazio non lo guarda proprio.
Se si cede Djordjevic arriverà qualcuno, altrimenti nulla o roba di contorno.
La partenza o permanenza di Keita, nell'ottica di nuove acquisizioni, non sposta nulla.
Non ci ho preso in pieno, qualcuno è arrivato, con un ingaggio rilevante peraltro il solo Nani. Ed è bastato, unitamente alle altre acquisizioni, ai rinnovi dei mesi precedenti (SMS, ecc), alle dismissioni di calciatori con ingaggi non elevati (Keita), a far lievitare in modo non proprio esiguo il monte ingaggi della Lazio, ossia la principale componente strutturale dei propri costi di gestione.
Sulla base dei dati pubblicati dalla Gazzetta dello Sport e raffrontati a quelli di dodici mesi fa, la Lazio è uno di quei club che ha visto crescere (del 13%) il livello dei propri ingaggi. Quindi un primo elemento di valutazione si può abbozzare. Lo sforzo, la crescita che si chiedeva alla dirigenza in qualche misura c'è stato.
Le squadre che hanno incrementato in maniera più rilevante sono il Milan e il Torino, la Lazio si colloca subito dietro insieme a Juve e... Atalanta. Rilevante la cura dimagrante dell'Inter, che ha dismesso una serie di pipponi che costavanno quindici Perea l'uno.
Appena abbozzata quella delle cacche (-1%), che hanno tagliato qualche ingaggio pesante ma subito hanno pensato di destinarli a qualche altro fenomeno. Tanto, con quaranta milioni di perdite annue, non ci sono parametri, vincoli o paletti cui riferirsi. Per i soggetti che ne detengono il controllo rappresentano una scoreggia, sia il club, sia la perdita, e in quanto tale è inutile dedicarvi analisi o ragionamenti sull'argomento in oggetto.
Certo, soprattutto in questo periodo, la crescita degli ingaggi è un fattore fisiologico e comune. I dati sopra esposti parlano di un incremento generale del 3%. Detto ciò, sull'ammontare totale degli stipendi dei club di Serie A presi in considerazione (non ho considerato le neo-promosse, per le quali non disponevo dei dati dello scorso anno e il cui raffronto sarebbe stato comunque condizionato dal salto di categoria), il 7% sono quelli della Lazio (vedi colonna d). Un po' più del 6% dello scorso anno.
Mi aspetto l'obiezione sulla scarsa produttività di una parte di questi costi sostenuti dalla Lazio per calciatori poco utilizzati (i cosiddetti "esuberi" o "pipponi"), ma, al di la del fatto che la stessa condizione vale più o meno anche per gli altri club, anche sul dato dell'anno precedente pesavano per la Lazio esuberi e pipponi, quindi l'osservazione relativa a questo incremento non perde di validità.
Anzi, la presenza di calciatori con ingaggio importante (Djordjevic, Marchetti) in scadenza 2018 fa presagire che l'alleggerimento del monte ingaggi che ne deriverà al termine di questa stagione calcistica, unitamente al rafforzamento patrimoniale che, lì sì, i recenti introiti da cessione dei cartellini hanno determinato, a parità di altre condizioni è probabile che la prossima estate prenderemo qualcuno davvero forte
(qui esce il tifoso...
).
Una ulteriore considerazione su un dato che ha suscitato la mia attenzione.
Per la prima volta nell'attuale gestione il monte ingaggi della Lazio supera la quota annua dei diritti televisivi di competenza. Si tratta di un semplice "indicatore" che ha il valore che ha, ma comunque confronta due componenti strutturali dei costi e ricavi di una società. Tra i ricavi, quella dei diritti televisivi è, nel medio periodo (3-5 anni) quella più stabile e indipendente dagli alti e bassi sportivi e finanziari di un club calcistico italiano.
Escluderei dall'analisi le strisciate, dove Milan e Juventus godono di entrate strutturali anche su altri fronti per la forza del loro marchio e blasone (marketing, pubblicità, ecc.), unitamente all'Inter che peraltro è in coda, anche dietro la Lazio, per effetto della cura dimagrante di cui sopra determinata non ho capito bene se dai postumi degli interventi UEFA sul fair play finanziario o dai paletti di bilancio fissati dai cinesi.
Escluse le strisciate, la Lazio in questo rapporto (l'ultima colonna, la h) è pressochè in linea con il Napoli (che infatti ha lo stesso modello di gestione) e un po' sotto le cacche (che infatti vanno costantemente e annualmente in perdita, ma non è strategia da imitare... purtroppo o per fortuna la Lazio, sul totale degli assets di Lotito, non è la scoreggia prima richiamata e delle nostre eventuali perdite se ne occuperebbe un curatore fallimentare).
Alla fine, la classifica, salvo periodi di rientro dai buffi pregressi (Milan prima, Inter dopo) e bilanci drogati da soggetti economici esterni propensi a finanziare perdite (cacche) che spingono la classifica ad allinearsi a quella degli ingaggi, la classifica di serie A è stabilita (come se non lo sapessimo già) dalla distribuzione dei diritti televisivi. Che fanno sì che, per quanto ci si sforzi, per quanto si aumenti la produttività dei propri investimenti, per quanto si riducano gli sprechi e si indovinino gli acquisti, quelle che lotteranno per lo scudetto saranno quelle, in Europa ci andranno più o meno le solite e nessuna di tutte queste correrà mai più il rischio di retrocedere.
Ultima cosa. In questa analisi non ho citato i ricavi straordinari e non strutturali della partecipazione alla Champions League. Che infatti non è in nessun modo un mezzo, uno strumento o il grimaldello per un salto di livello di un club (anzi, se mal gestita... se affrontata, dal punto di vista economico come un flusso di entrate ormai conseguito, può portare a ridimensionamenti o crolli inaspettati...), ma può solo essere l'effetto o il risultato di una crescita. Ma non la leva per determinarla.
P.S. Avevo pensato di inserire una colonna alla fine con gli incassi e/o numero degli abbonamenti per calcolare un ulteriore indicatore dato dal rapporto tra valore dei calciatori (livello stipendi) e apporto dei sostenitori tifosi (quota fissa dei tifosi tesserati allo stadio). Ho desistito, un po' perché mi mancavano i dati precisi di tutte le squadre, un po' perché il risultato avrebbe fatto vacillare qualunque ragionamento logico (...). E, da tifoso biancoceleste, me ne sarei pure vergognato un po'.