Autore Topic: Investiamo nelle periferie per portare di nuovo i ragazzi con un pallone  (Letto 504 volte)

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La Repubblica



Investiamo nelle periferie per portare di nuovo i ragazzi con un pallone in strada

L’appello alle istituzioni di Alessandro Nesta dopo le cifre allarmanti sul disamore dei giovani per il calcio

MATTEO PINCI

ROMA

UN MONDIALE nel 2006, 17 trofei con Lazio e Milan tra cui 3 scudetti e 2 Champions. Ma Alessandro Nesta è stato anche un ragazzino che a Cinecittà giocava su un campetto sterrato della periferia sudovest romana, dove finiscono le corse in metropolitana e oggi che ha 40 anni quel passato se lo sente addosso. I bambini di oggi, attratti più dai videogiochi che dal calcio giocato, li conosce bene: li ha visti per anni nella sua Roma e ora a Miami, dove lavora da tecnico del Miami Fc. L’inchiesta di Repubblica lo colpisce, lo senti dalla voce («Davvero calano le iscrizioni alla scuola calcio?»), ma non lo sconvolge, visto che da genitore il fenomeno di progressivo abbandono del calcio giocato lo vive sulla propria pelle.
Nesta, perché le nuove generazionipreferiscono un calcio “fantasy”?
«Per prima cosa perché sono invasi dalla tecnologia: I-pod, I-pad, Facebook. Noi passavamo le giornate pre strada con un pallone, si socializzava e si imparava a giocare. Ma per i genitori stare dietro ai figli è stressante, più facile lasciarli davanti alla tv, o parcheggiarli davanti a un videogame: loro si divertono e il problema è risolto. Credo che se i bambini non hanno più tanta voglia di giocare a calcio non è colpa loro, ma dei genitori».
Provi a fare il presidente federale per un giorno: diciamo che deve immaginare delle proposte per provare a risolvere il problema.
«La prima cosa che mi viene in mente sono i campi. Noi non andavamo a scuola calcio, giocavamo nel quartiere. Mi piacerebbe che le istituzioni sportive, il Coni o la Federcalcio, non so, investissero costruendo campi da calcio nei quartieri. Bisogna spendere risorse nelle periferie, offrire spazi ai ragazzi in cui possano passare le giornate in sicurezza. Spesso il genitore non porta il figlio fuori perché crede sia pericoloso ».
Non pensa che potrebbe arrivare un aiuto anche dalle grandi squadre di club?
«Non so chi dovrebbe pagare. Ma servono campi e serve investire per la loro manutenzione. Una cosa è certa: una volta si giocava in strada, tornavi a casa la sera e nessuno si preoccupava. Oggi è diverso, ho tre figli e conosco le preoccupazioni. Si fa più fatica, probabilmente ci sono più pericoli, nelle grandi città ma non soltanto. Di certo è più difficile fidarsi e lasciare i propri ragazzi in strada, specie da giovanissimi. Per questo servono strutture chiuse, zone controllate, in cui una mamma sa che il figlio non corre rischi, in cui il ragazzo può anche confrontarsi con gli altri e giocare a calcio, anziché passare i pomeriggi a casa da solo con la play».
A proposito di playstation: quando era al Milan si scrisse che lei si fece male ad una mano proprio utilizzando i videogiochi. Verità o leggenda metropolitana?
«Leggenda. E’ vero che giocavo tantissimo alla playstation, ero capace di passarci le ore, giocavamo in ritiro, sfide agguerritissime con i compagni di squadra, e pure a casa
da solo. Ma in quel caso andò diversamente: mi ero fatto male in Champions League al tendine della mano, tutto documentato. Feci delle visite, ci fu una diagnosi. Poi però il recupero fu più lento del previsto e qualcuno mise in giro questa voce dei videogiochi. A pensarci mi dà ancora fastidio, è una sciocchezza: ma come si fa a farsi male giocando? Magari - e faccio una battuta - qualcuno voleva coprire una diagnosi sbagliata».
Però lo ammette che ci giocava: e come la mettiamo adesso con i ragazzini che dovrebbero lasciare il joystick e rimettersi gli scarpini?
«Ma no, quando ci giocavo io ero già in serie A, ero già grande, il mio percorso formativo lo avevo già fatto. Mica avevo i videogiochi da bambino, avevo il pallone. Ora i ragazzi ci passano tutto il loro tempo, tra quelli e Facebook. E finiscono per scordarsi di divertirsi insieme agli altri bambini».

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