www.corrieredellosport.itdi Roberto BeccantiniÈ l’eterno dilemma tra ordine e disordine. L’ordine che a volte non basta, il disordine che a volte aiuta. Il gol di Luis Alberto in Lazio-Inter 3-1 ha riaperto il caso. Lo chiamano «mago», e già questo è un epiteto che alza muri: l’allenatore di qua, il solista di là. Non rientrava nei piani di Maurizio Sarri, precettore che ha riempito la gavetta di studi e sudori; era finito in panchina con il Bologna, a Torino e persino venerdì sera. Con il Bologna, entrò e, di riffa o di raffa, lo 0-1 diventò 2-1. Con i vice campioni, la rete del sorpasso l’ha firmata proprio lui: e con che svolazzo di stilografica!
«Il talento nel calcio suscita sospetti. Il muscolo è innocente», chiosava Jorge Valdano, un signore che ha servito la causa di un ribelle (Diego Armando Maradona) e la pancia del potere (il Real Madrid). Giorgione Chinaglia prendeva a pedate nel sedere Vincenzino D’Amico, un altro che sentiva la partita come una gita e non come un’arrampicata. Si narra che, ogni estate, Helenio Herrera inserisse Mario Corso, il piede sinistro di Dio, in cima alla lista delle cessioni, nome che Angelo Moratti cassava meticolosamente per l’aff etto che nutriva nei suoi confronti. Vero o falso che fosse: tutti, ma non Mariolino.
La regola contro l’eccezione. E il risultato come Assoluto: se modifichi la formazione e vinci, nessuno ti accuserà di aver toppato l’assetto di partenza. Si tratta di un riflesso quasi pavloviano. Sarri, che alla Juventus, nei panni di Andrea Agnelli, mai avrei esonerato, si ritrovò per le mani Paulo Dybala, un Luis Alberto più baionetta e meno piroetta. Reduce dal gioioso 4-3-3 di Napoli, sciacquato nelle lavagne del Tamigi, sponda Chelsea, scese a patti con i progetti che covava e lo scortò all’oscar di «Mvp» della serie A, ricavandone lo scudetto. Brindisi al più storico - e, conoscendolo, travagliato - dei compromessi.
La parabola di Luis Alberto, spesso in ballottaggio con mezzali operaie quali Tomas Basic o Matias Vecino, rilancia il tema del prezzo della fantasia. Ciò che per i curvaioli è genio, per i guru è seccatura; e ciò che per noi è tedio, per loro è adrenalina. Secondo Nils Liedholm, «gli schemi, provati in gara, riescono perfettamente in allenamento». L’aforisma restituisce il pallone alle sue radici, che non sono marziali né banali. Il tipico atipico, alla cui categoria la pepita scovata da Igli Tare appartiene, viene da un calcio che il fast-foot moderno tollera a fatica. Tra poco, il 28 settembre, compirà 30 anni. Sarri lo addestra dalla stagione scorsa. In passato, i «fuori dal coro» erano più tutelati, più coccolati; oggi sono prigionieri delle tonnare e dei cambi - cinque, addirittura - lotterie che alimentano frustrazioni e beatificazioni.
Samuel Beckett esortava: «Avete tentato, avete fallito. Non importa. Tentate ancora, fallite ancora. Fallite meglio». E’ il senso della vita, non solo dello sport. In fin dei conti Luis Alberto e Sarri, sino al 12’ della ripresa, altro non erano che una coppia sospesa che abitava sotto lo stesso tetto ma non sotto le stesse idee. Poi quel tiro. E quel titolo: «Sei un Mago». Chi?