"Mi sembra", Dino?
Un fallimento tra i più pacchiani che si ricordino, soprattutto in rapporto alla qualità disponibile da metacampo in su.
Viene spontaneo osservare che un tecnico serio si sarebbe fatto sentire già in sede di campagna acquisti, imponendo ritocchi sostanziali nel reparto arretrato: ma poi si pensa ad Albiol, improbabile come pochi nella linea difensiva, e un fenomeno del genere chi l'ha voluto?
Sorprende la sua ottusità nel non capire che in Italia non serve per forza il catenaccio, ma perlomeno una fase di non possesso palla che non lasci l'avversario completamente libero di giocare.
Peggio: quando ha accennato a mettere in pratica tale concetto, ad esempio nell'andata contro la xxxx, il baricentro più basso da cui lanciare in velocità il ben di Dio che si ritrova là davanti ha funzionato così bene da rappresentare la quadratura del cerchio.
Perché, allora, tornare così malamente sui propri passi?
Devastante anche la gestione di alcuni singoli: se Higuaín è scemato in proprio nell'entusiasmo e nel piglio da leader, sgonfiato dalla sempre più evidente inanità del progetto, che dire della letterale sparizione di Hamšík?
Anche qui partenza di segno opposto, dato che nella prima stagione lo slovacco era stato valorizzato in zona gol meglio ancora di quanto avesse fatto il suo mentore Mazzarri: troppo complicato proseguire su quella strada?
E non sono gli unici casi, perché da Inler al mai considerato Jorginho, passando per le insensate esclusioni di Mertens, è lungo l'elenco degli asset tecnici pesantemente deprezzati rispetto alla quotazione iniziale.
Altro capitolo gol subiti e punti buttati contro le piccole, che fanno da pendant all'immancabile evaporazione tecnica e caratteriale del gruppo di fronte a un'occasione di classifica o a un salto di qualità.
Potrebbe trattarsi di una squadra completamente senza nerbo, non in grado di reggere un pronostico o la pressione di un obiettivo da raggiungere.
Oppure di un ammutinamento mirato a materializzare la mancata qualificazione alla CL, come pretesto per tirarsi fuori da un progetto senza sbocchi o da un ambiente saturo (parliamo pur sempre di un contesto con periodiche rapine mirate ai giocatori e piacevolezze del genere, s'intende nell'omertà dei media).
Sia come sia, e pur sottolineando la latitanza della società nel sostenerlo come già era accaduto all'Inter, la sua presa sullo spogliatoio ne esce ridicolizzata.
Ciliegina sulla torta, il cedimento nervoso che lo ha portato da emulo di Hodgson nel signorile senso della misura, così alieno al nostro calcio, a emulo di Garcia nel vittimismo piagnone e arrogante.
Con la differenza che il franco-andaluso, dopo aver gestito come peggio non si poteva l'ambientone, lo ha almeno caricato in vista del rush finale; mentre Benítez ha ottenuto lo stesso effetto di una flebo su un cadavere, lasciando la sensazione che anche come stronzo non valga granché.
In totale, due qualificazioni alla CL mancate nella stessa stagione - il preliminare col modestissimo Athletic Bilbao grida ancora vendetta - e la consolazione di una coppetta-farsa al "Riviera delle palme" di Dubai: meritava un esonero con ignominia, trova la panchina del Real, a conferma di un rating internazionale che non ha ottenuto il minimo riscontro nel nostro calcio.
Al quale, questa l'impressione di fondo, si è come rifiutato di adattarsi.