La Germania inventa i calciatori con accordi a tempo indeterminato
Il caso di Heinz Müller, 34enne portiere del Mainz al quale il club non voleva rinnovare il contratto: ha fatto causa e un tribunale gli ha dato ragione
di Danilo Taino, Corsera
Realizzeranno «il socialismo in uno stadio solo». Proprio nel senso di uno stadio di calcio: quello di Magonza. Un tribunale del lavoro della città della Renania-Palatinato, Germania occidentale, ha stabilito che i calciatori sono tutti uguali quando si tratta di occupazione: non possono essere certo discriminati per ragioni di età. Se il concetto prendesse piede - improbabile, dicono gli esperti, ma di fronte alle normative sul lavoro non si può mai dire, in Germania come in Italia - si potrebbe finire con squadre che hanno «rose» di 40 o addirittura 60 «petali» (in gran parte appassiti).
La questione era stata sottoposta al giudice da Heinz Müller, un portiere fino al 2014 tesserato del Mainz 05, formazione della Bundesliga (l’anno scorso arrivata settima nel campionato). Müller era stato tesserato dalla Germania nel 2009, in arrivo dall’inglese Barnsley, con un contratto di tre anni, esteso poi per altri due nel 2012. Alla fine del rinnovo, aveva 34 anni e la squadra ha ritenuto che fosse arrivato il momento di disfarsene. Al portiere non è sembrato giusto e quindi è ricorso alle vie legali. Ora la sentenza gli ha dato ragione. Il tribunale ha stabilito che la limitazione del tempo d’impiego vale solo per i lavori part-time o per i contratti a tempo determinato. Altrimenti, dopo due anni di impiego, il dipendente, anche se lavoratore del pallone, non può essere lasciato a casa. A meno che non ci siano «ragioni obiettive». Nel caso in questione, ha detto un portavoce del tribunale, il fatto che il soggetto fosse un calciatore professionista «non è una giustificazione per una limitazione del contratto».
Harald Strutz, il presidente del Mainz 05 - società con 110 anni di storia -, riteneva che il calo di performance e la probabilità di malanni fossero «ragioni obiettive» per fare a meno dell’ex, oggi sostituito da Stefanos Kapino, 21 anni, portiere anche della nazionale greca. Ma si sbagliava (per ora). «Se dessimo a ogni giocatore un contratto a tempo indeterminato - sostiene - finiremmo con l’avere 50 o 60 calciatori in squadra». Una «rosa» che - è il corollario - non offrirebbe maggiori possibilità di scelta, ma anzi limiterebbe la possibilità di acquisire talenti giovani. La spinta egalitaria del tribunale del lavoro di Magonza, però, non è stata piegata da argomentazioni ritenute - evidentemente - socialmente non accettabili.
La motivazione della sentenza arriverà nel giro di un paio di settimane: Strutz assicura che ricorrerà prima al tribunale del Land della Renania-Palatinato e poi, se ce ne sarà bisogno, al livello federale. A suo parere, il verdetto, se confermato nei diversi gradi di giudizio, potrebbe avere «un’importanza di grande ampiezza, della portata della sentenza Bosman», quella che il 15 dicembre 1995 dette ai calciatori il diritto di trasferirsi da una squadra all’altra alla scadenza del contratto senza pagare una penale. Paragone un po’ tirato, dicono gli esperti: se un contratto è scritto con clausole chiare e indiscutibili, dovrebbe essere a prova di bomba. Non tutti sono però così sicuri: le normative sul lavoro e i tribunali che le interpretano sono terreni minati.
Se alla fine Müller dovesse avere la meglio, il Mainz 05 avrebbe due scelte. Il socialismo egalitario, appunto: la divisa - maglia, calzoncini e calzettoni - rossa già ce l’ha. Oppure, ricordarsi che, oltre alla squadra di calcio, la società ne ha anche una di pallamano e una di ping-pong: forse, la mobilità interna il tribunale di Magonza la lascerebbe passare.