La grande rosicata dei romani per La grande bellezza
4th, mar, 2014
La grande rosicata. Sempre con vista sul Colosseo e sul Cupolone (“vedo la maestà der Colosseo, vedo la santità der Cupolone”). Sono due giorni che va avanti così. Una colata densa, senza interruzione, un po’ sotterranea un po’ no. “A me Maradona sta sui coglioni perché è un evasore e Sorrentino me ce lo fa stare ancora di più”. Sui coglioni, of course. In redazione, al Fatto, sono almeno dodici i colleghi giallorossi, compreso il direttore. Romanisti tenaci, da curva sud, al massimo tribuna Tevere. “Ma Sorrentino non si vergogna a ringraziare un drogato?”. Ed è per questo che lunedì ho scritto a Max: “Mamma mia come stanno rosicando i romani romanisti perché Sorrentino ha vinto con un film sulla loro città e poi ha citato l’odiato Maradona”. Max, che mesi fa è stato il primo a farmi notare che la Grande Bellezza è un film che non piace ai romani, mi ha risposto: “Pazzesco”. Pazzesco ma vero. Non c’è solo la tragicomica pesantezza di questi due giorni in redazione, surreale vigilia di Napoli-Roma, in cui insieme a Sorrentino e Diego si mischiano sfottò supponenti da eterna capitale dell’Impero: “La panzata di Reina è stato il momento più alto della domenica calcistica” (il direttore) e, ahi ahi, “Benitez ha gli stessi punti del Napoli di Mazzarri però con il miglior attacco del mondo” (la riporto solo perché giudico utile sapere, non altro, come ci guardano gli altri).
No, non c’è solo il mio microcosmo professionale. Alla Camera, stessa storia. Una notissima collega di un giornalone twitta contro Diego l’evasore e il drogato. Sul web altre variazioni sul tema. Alcuni commenti dal sito del Messaggero. Un lettore spiega perché odia il film di Sorrentino: “Perché la stragrande maggioranza dei romani non è affatto come le persone mostrate dal film, nemmeno quelle più benestanti. Per non parlare della scopiazzatura felliniana e dei ringraziamenti a un evasore fiscale drogato come Maradona. Solita figuraccia italiana”. Ancora: “Poi il regista ci spiegherà, con calma, che cavolo c’entra Maradona”; “Ma era necessario nominare Maradona, uno che sono 20 anni che ha una cartella con Equitalia e che a Napoli (non cambieranno mai) lo hanno accolto come un re, ricordo che lui non ha pagato e tutti noi ne subiamo le conseguenze, non credo che sia una bella immagine che dà un Paese, anche perché di Maradona purtroppo ne abbiamo tanti”; “Basta con questo egocentrismo napoletano. Il mondo intero ha ammirato Roma”. Qualcuno, addirittura, arriva a dire: “Ma un grazie all’educatore Garcia no?”. Per completezza geografica aggiungo solo il fastidioso lombardo Mechato, di cui non voglio fare il nome, su Libero di oggi: “Sorrentino è andato in bambola: è l’unica umana spiegazione per un tizio che vince un Oscar e poi si mette a ringraziare Maradona, che peraltro è argentino e gli italiani mediamente odiano”; “La grande bellezza mica poteva girarla Werner Herzog. L’ha girata un napoletano che ha dedicato l’Oscar a Maradona, com’era lecito attendersi da un Paese geniale e cialtrone”. Da notare, con quanta pignoleria enfatica si pone il paragone tra Herzog e “un napoletano”. Che tristezza.
Insomma, sull’Oscar di lunedì si è consumato il secondo tempo di un derby del Sole tra cinema, cultura e stereotipi. Un derby molto provinciale, cominciato quando il film uscì e fu stroncato da feroci critiche, al punto che il compunto Servillo, alla notizia della nomination, mandò una giornalista (romana) a fare in culo. La grande rosicata è l’altra faccia della medaglia. Quella che sta dietro alla poesia, all’amicizia e alla nostalgia della vittoria e della relativa dedica di Sorrentino, ben centrate da Zambardino e Botti. Alla maggioranza dei romani questo film non è piaciuto. Sono gli unici che con coerenza non salgono, come tanti, sul carro dell’Oscar vincitore. La citazione di Maradona è per loro l’umiliazione finale. Domenica sera c’è Napoli-Roma e lunedì, per la cronaca, sono stati i due i tifosi napoletani a monopolizzare le cronache. Il primo è Sorrentino, appunto. Il secondo è Antonio Gentile da Cosenza, ex sottosegretario censore e presidente del Club Napoli in Parlamento.
Fabrizio d’Esposito