Autore Topic: La storia di un amore visto dai ragazzi della Nord  (Letto 600 volte)

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La storia di un amore visto dai ragazzi della Nord
« : Mercoledì 12 Febbraio 2014, 13:59:04 »
www.laziopolis.it



Intorno al Derby si sa, c’è sempre grande attesa. E non solo per l’importanza di una partita che vede sfidarsi le eterne rivali. Ormai da anni la Curva Nord regala sugli spalti uno spettacolo mozzafiato, con scenografie uniche, per bellezza e significato che fanno strabuzzare gli occhi anche ai giocatori al momento dell’ingresso in campo. A tutto questo ci siamo abituati, ma non deve essere così scontato (basti guardare dal lato opposto degli spalti…). Perché dietro tutto questo si nasconde un lavoro certosino, studiato nel dettaglio. C’è il sacrificio di tanti ragazzi, in termini di tempo, ma anche di soldi (parliamo di una cifra che si aggira intorno ai 7mila euro). Per scoprire cosa si nasconde dietro quel telone, che viene srotolato a inizio gara e come è nata la coreografia del derby del 9 febbraio siamo andati a parlare con Francesco Cuomo, che ormai da anni fa parte della squadra, che realizza le coreografie.

Come è nata l’idea della “Venere e Adone” di Antonio Canova?
«Con la scenografia “Di padre in figlio” avevamo toccato le corde di tante persone, che si erano rispecchiate in quell’immagine. Anche quella del 26 maggio conteneva un forte valore simbolico, ossia l’Aquilifero col simbolo di Roma, passato come testimone dal legionario ai giocatori della Lazio. Anche per questo derby volevamo fare una cosa che non piacesse solo agli ultras o alla gente di curva. Ma un’immagine in cui tutti i tifosi della Lazio si potessero immedesimare. E li emozionasse. Siamo partiti con il messaggio dell’˝Amore eterno” per questa maglia. La prima immagine che ci è venuta in mente è la dichiarazione di matrimonio. Non c’era però un’immagine soddisfacente e le dimensioni del telone, che si sviluppava in verticale, non erano adatte. Continuando la ricerca, ci siamo imbattuti in questa scultura, che ci è subito piaciuta. Era perfetta per le dimensioni del telone e, quando abbiamo letto la storia che si nascondeva dietro, non abbiamo avuto più alcun dubbio».

Qual è esattamente il significato simbolico di questa raffigurazione?
«Innanzitutto ci divertiva il fatto che, negli ultimi anni, la maggior parte della gente non sapeva o non capiva il significato delle nostre scenografie. Dovevano andare a indagare e questo ci piaceva molto. Fare, poi, anche un po’ di cultura non è male. Guarda ora: da domenica sera si parla solo di Canova! Perché magari non tutti i tifosi sono colti ma sono curiosi e credo che in questo gioco si divertano anche loro. Nell’immagine, che raffigura un uomo e una donna, lei è Venere. La dea più bella di tutte. Gli uomini per lei impazzivano e le giuravano amore eterno. Rimanevano fedeli nonostante lei a volte potesse tradirli o farli soffrire. Detta alla romana: “chi si innamorava di Venere non riusciva a fassela passà”. Quindi lei rappresentava in modo perfetto quello che per noi è la Lazio. La più bella di tutte. L’amore eterno, l’amore incondizionato. Può accadere di tutto: serie b, calcio scommesse… noi restiamo innamorati di lei e le rimaniamo accanto. La figura maschile, ovviamente, rappresenta proprio il tifoso laziale».

Quante persone hanno partecipato alla realizzazione della coreografia?
«Hanno partecipato tanti ragazzi. Per l’idea e la realizzazione della coreografia siamo sempre i soliti cinque o sei e rimaniamo quelli. Questo per mantenere il segreto. Vogliamo che ci sia l’effetto sorpresa al momento dell’apertura del telone. Purtroppo se si inizia a sapere in giro, col passa parola alla fine finiscono per saperlo tutti. Un po’ come accade dall’altra parte del Tevere. A volte è capitato che sapessimo in anticipo la coreografia della curva sud. Però in tanti ci hanno dato una mano. C’è chi ha fatto gli striscioni, chi si è occupato delle bandierine, chi ci andava a comprare da mangiare e da bere o a prendere la vernice se finiva».

Come si sono svolti i lavori?
«Abbiamo operato in tempi ristretti. Per la realizzazione del disegno ci sono volute due notti, dalla sera alle 19 alla mattina alle sette. Ma prima c’è stato tutto il lavoro di preparazione. C’è chi inizia a prendere le misure della curva e a prenotare il telo. Altri si occupano delle bandierine dividendole posto per posto, in base alla mappa del settore. Martedì sono andati in un’altra città per prenderle. Per stendere il telo servono 15 persone. Quello di domenica era di 35x40 metri…
Il disegno è Massimo “Disegnello” a metterlo in scala su carta e poi a copiarlo sul telo. Lui è la mano, colui che dipinge tutto quanto. Poi ci siamo io, Daniele Caminati e a volte Stefano Scifoni, a dargli una mano. Massimo tira le linee. Noi ripassiamo, coloriamo… è lui il manico».

Come rispondi allo striscione che alludeva al sistema dei FAX per le vostre coreografie?
«Le coreografie entrano allo stadio come 30 anni fa. Alla domenica mattina, prima di entrare allo stadio, si apre il telo per il controllo consueto. Come accade con qualsiasi striscione o stendardo. C’è un addetto alla sicurezza che appura sia tutto consono alla legge. In ogni caso è necessario che uno di noi faccia da garante e, se qualcosa non è in regola, le autorità competenti si rivolgono a lui. I fax non sono mai stati fatti. C’è da capire quanto, realmente, i romanisti credano a quello che dicono o scrivono e quanto invece sia una giustificazione per il fatto che negli ultimi anni non sono riusciti a fare coreografie all’altezza delle nostre>>.

A proposito. Cosa ne pensi della loro coreografia di domenica?
«Non si capiva cosa rappresentasse. Noi dobbiamo spiegare le nostre “invenzioni” per una questione di cultura. Loro devono spiegare cos’è la loro perché non si capisce. Era fatta malissimo, tutto sembrava tranne la tela di un quadro. La cornice era approssimativa, poco elaborata, la prospettiva sbagliata. Io mi aspettavo che dalla tela uscisse fuori un disegno, qualcosa, e invece niente».

E sulle critiche, sempre romaniste, che voi siete ripetitivi nella scelta delle coreografie?
«Tante tifoserie ci fanno i complimenti per le nostre coreografie, in particolare per i disegni. Anche la curva dell’Inter di recente si è complimentata. E io li considero attualmente i più bravi, in Italia, a livello di coreografia in assoluto. Ma per quanto riguarda i disegni non c’è storia, noi abbiamo il più bravo disegnatore e scenografo di stadi di tutta Italia, forse anche d’Europa: Massimo “Disegnello”. Io lo chiamo il “Caravaggio delle curve”. Come si suol dire: “Squadra che vince non si cambia”. Gli altri devono inventare sempre cose nuove, perché non hanno chi possa competere con i suoi disegni. Quindi perché dovremmo cambiare quando, per ammissione degli stessi romanisti che in pubblico ci criticano ma poi in privato ammettono la bellezza dei nostri lavori, le nostre scenografie a livello tecnico, non hanno eguali?».

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