Giocatore di rara intelligenza e disciplina tattica, nonché altrettanto solido sul piano umano e professionale, figura fra le vittime del 4-4-2 sacchiano.
Il suddetto modulo sterminatore di qualità, tuttora spacciato per sinonimo di offensivismo e spettacolo, impose alle ali compiti difensivi fondamentali per gli equilibri tattici e ai centrali di metacampo un fisico da sportellate.
Il resto era un optional, concesso a gente come Donadoni e Rijkaard che si dimostrava in grado di farlo coesistere con le caratteristiche di cui sopra.
Per chi aveva classe e piedi buoni, ma non un "fisico bestiale" - canzone di quegli anni, neanche a farlo apposta -, porte sbarrate.
Prova ne sia che Pin divenne a Parma un preziosissimo jolly assai apprezzato da Scala, giocando un po' dappertutto.
Persino come vice-Benarrivo sulla corsia destra, ma quasi mai - ed è questo il punto - nel suo ruolo: persino al piccoletto, ma tostissimo, Zoratto rendeva troppo in fisico e peso specifico nei confronti diretti con l'avversario.
Il suo erede, più o meno diretto? Nel recente passato, Olaf Thon me l'ha ricordato per capacità di farsi trovare al posto giusto in tutte le posizioni dalla metacampo in su, nonché per i limiti fisici che imponevano di affiancargli qualche robusto guardiaspalle.
Oggi fatico a citarne uno, anche perché i compiti di regia e inserimento vengono fisicamente divisi fra giocatori diversi (cfr. Xavi-Iniesta), mentre lui se la cavava egregiamente in entrambi.
Anche in questo si evidenzia il filo rosso del suo destino di calciatore: l'essere in possesso di doti così rare e poco al passo coi tempi da diventare, all'atto pratico, difetti.