www.goal.comLa squadra biancoceleste ha racimolato contro la Sampdoria un pareggio che non nasconde tutti gli errori tattici e non del tecnico bosniaco Petkovic.Una squadra ultima in classifica, un’ avvicendamento in panchina tra ex laziali in atto, una vittoria esterna che manca da tempo, il passaggio alla difesa a tre che mai nella storia della Lazio ha portato benefici. Le premesse di Sampdoria-Lazio erano già poco rosee, ma al peggio non c’è mai fine e guardando il terreno di gioco di Marassi se ne sono resi conto tutti e subito. Difficile sapere se i piccioni siano golosi di tuberi, ma senza chiamare in causa esperti di ornitologia si può affermare che il campo ligure era un vero e proprio campo di patate.
Finito l’elenco di alibi, presunti e non, della banda di Petkovic, analizziamo la partita racchiusa tra il fischio iniziale e quello finale di Orsato.
Petkovic schiera un 3-4-3 provato in estate (con risultati disastrosi, ndr) e nella settimana precedente alla trasferta genovese. Il tecnico bosniaco non riparte da quanto di buono fatto vedere nel pareggio di Parma, sconvolge per l’ennesima volta la base della squadra escludendo inoltre i due centrocampisti più talentuosi, ovvero Lucas Biglia e Hernanes.
Dall’altra parte Sinisa Mihajlovic cambia qualcosa, cercando maggiore solidità in una squadra che ha conosciuto da meno di una settimana. La partita, stranamente, è in mano ai blucerchiati sin dai primi minuti.
Intensità infinita, pressing a tutto campo, oltre ai piccioni schierati sulla fascia per contrastare Konko. La Lazio va in tilt, la palla gira male e molto lentamente, le occasioni latitano e non potrebbe essere altrimenti. I moduli cambiano, i giocatori anche ma la solfa rimane sempre quella. Mai un pallone in verticale, mai una giocata decisiva per mandare in porta le punte.
Lo schema è sempre quello, palla sulle fasce per Candreva e Lulic e speriamo che qualcuno sporchi il cross per battere il corner. La costruzione di gioco non esiste, la tattica neanche. I giocatori sono a spasso per il campo, nella confusione tattica più totale.
Ci pensa allora Krsticic a fare un assist al tecnico bosniaco, facendosi buttare fuori con una sciagurata entrata su Ledesma. In superiorità numerica la Lazio crea il nulla cosmico, subendo ancora l’iniziativa dei liguri che trovano il vantaggio con Soriano dopo un pasticcio a firma Marchetti-Konko.
Petkovic toglie Candreva e Keita, gli unici due giocatori con un briciolo d’imprevedibilità. La partita scorre senza occasioni fino al recupero, quando Cana si inventa il goal della carriera slalomeggiando al limite dell’area blucerchiata e infilando Da Costa sul primo palo.
Un punto portato a casa, ma nella mente dell’ambiente laziale è a tutti gli effetti l’ennesima sconfitta. Senza uno straccio di gioco, tutto è maledettamente improvvisato e lasciato al caso. La frustrazione a cui è costretto il tifoso laziale è diventata davvero insopportabile. Petkovic non può più allenare questa squadra, nonostante non sia ovviamente il capro espiatorio del momento (che dura da nove mesi, ndr) confusionario del team capitolino.
Il mercato fallimentare (Biglia, Perea, Felipe Anderson, Vinicius, Novaretti e Berisha in panchina) non lo ha di certo aiutato ma, non essendo mai stato criticato dal tecnico, non risulta valido come elemento su cui scagionare i propri errori. Il cambio di guida tecnica urge immediatamente, se non altro per dare una logica e un modulo decenti ad una squadra allo sbando più totale.
Hernanes è un patrimonio in via di depaupero, Candreva comincia a soffrire il marasma tattico. Spazio al nuovo, partendo dal recupero immediato dei due giocatori più forti della rosa. Con tutto il rispetto, servirebbero a poco i nomi di Del Neri, Mangia e compagnia bella, alla Lazio serve un nome, un allenatore vincente. L’unico abbordabile, affascinante, svincolato e già preparato sulla lingua e sul calcio italiano, si chiama Franklin Rijkaard. Claudio Lotito e Igli Tare, a buon intenditor poche parole…