lnx.lazialita.comHa tramutato i fischi in applausi, è diventato un beniamino dei tifosi laziali ed ha ritrovato la maglia della Nazionale. Antonio Candreva è entrato nei cuori dei sostenitori biancocelesti. Di seguito l’intervista rilasciata a “Il Tempo” dal numero 87 della prima squadra della Capitale:
Candreva, la sua storia con il calcio quando è iniziata? «Tutto è nato da quando ero molto piccolo, giocavo nei pulcini del Tor de Cenci. Mi divertivo spesso anche fuori scuola, durante la ricreazione, sempre a rincorrere un pallone. Il primo passo importante della mia carriera è arrivato all’età di 14 anni».
Che cosa è successo? «Sono andato via di casa, direzione Terni. Da quel momento ho capito che volevo fare il calciatore come professione. Ho iniziato a giocare come trequartista negli allievi nazionali della Ternana, poi ho ricoperto tutti i ruoli del centrocampo. Alcuni allenatori mi vedevano come mezz’ala, altri in posizione centrale Più di tutti mi ha aiutato mister Tobia a Terni, fu fondamentale per la mia crescita.
Qual era il suo idolo da giovane? «Ero innamorato di Kakà e Zidane, due veri numeri 10».
Spesso è stato accusato di essere romanista. Tutto iniziò con quelle dichiarazioni prima di Livorno–Roma.«In passato parlai bene di Totti e De Rossi, non l’ho mai rinnegato. Ma l’avevo fatto perché li stimavo molto come atleti, si tratta di due grandi giocatori. Da piccolo non sono andato quasi mai allo stadio, poi sono scappato via di casa giovanissimo e non ho mai avuto la passione per una squadra in particolare».
Dopo la Ternana arriva la chiamata dell’Udinese. «Purtroppo ho giocato poco, non è andata bene lì».
La Juventus che esperienza è stata? «Mi ricordo che segnai il gol vittoria a Bologna, poi ne feci un altro molto bello in casa contro il Siena, nemmeno io mi aspettavo di scendere in campo così tanto. Non era facile con Diego, Del Piero, Trezeguet, pensavo di giocare la metà e poi non legai molto con Zaccheroni».
Poi Parma e soprattutto Cesena. «Sì, ma non è stato facile lasciare la Juve per andare in una squadra meno importante. Purtroppo, nella mia testa pensavo di andare in club più blasonato».
Il 31 gennaio 2012 la Lazio, la svolta.«Il presidente Campedelli mi voleva a tutti i costi, mi disse che puntavano forte su di me. Andai, non troppo convinto ma andai. E finalmente nell’ultimo giorno del mercato invernale arrivò la chiamata di Lotito».
Come andò quella giornata? «Ero in treno, stavo andando con il Cesena a Napoli, dovevamo giocare il turno infrasettimanale. Quando mi arrivò una chiamata del mio procuratore che mi avvisava dell’ interesse della Lazio. Alle 18.30 mi disse che era fatta, in quel momento accettai senza nemmeno sentire i dettagli del contratto. Scappai subito per andare a Roma, feci un viaggio allucinante, 10 ore di treno (ride ndr). Ero molto felice, ma non pensai al fatto di tornare finalmente a casa, fu la chiamata di un club importante come la Lazio che mi convinse subito».
Quanto l’ha ferita la contestazione? «Tanto, anche se i compagni mi hanno aiutato a superare i primi momenti. Da Ledesma a Rocchi, ma anche la società ha sempre creduto in me. I primi tempi la gente mi massacrava per il presunto passato da romanista, ho pensato anche di lasciare, di non farcela. Non mi riconoscevo come giocatore, non riuscivo a fare una giocata, è stata molto dura».
E' cambiato tutto con il gol al Napoli. «Fu una serata particolare, lo stadio era pieno per ricordare Chinaglia. Segnai un gol importante e lo festeggiai sotto la curva. Finalmente mi ero sbloccato, volevo dimostrare a tutti i costi il mio valore. Ringrazio Reja per avermi dato fiducia anche se all’inizio giocavo solo per le assenze degli altri ».
Situazione contrattuale. Il suo cartellino è a metà tra Lazio e Udinese. Come andrà a finire? «Io prima di firmare per la Lazio parlai in segreto con il presidente Pozzo. Fu un incontro lampo, andai ad Udine e gli dissi che non avevo più intenzione di giocare lì. Ho dovuto rinnovare di altri due anni con loro altrimenti non mi avrebbero fatto tornare a Roma. Io voglio restare alla Lazio, fino al 2014 sarà così. Spero anche in futuro e in Friuli lo sanno bene».
Parliamo di Petkovic Quanto è stato importante per lei? «Mi ha insegnato altri movimenti, mi ha dato tanta fiducia, sento la sua e quella dei compagni. Stiamo facendo bene la Lazio è sempre la Lazio, deve puntare in alto. Il nostro obiettivo è il terzo posto, spero che questo sia l’anno giusto».
Non protesta spesso con gli arbitri. L’unica occasione è stata a Firenze con Bergonzi dopo il fallo di mano di Quadrado. Come mai? «Era stato troppo plateale, l’avevo visto io da 25 metri. Lui mi rispose che era fallo involontario. Ma in ogni caso penso che sia inutile protestare con gli arbitri, difficilmente cambiano idea».
Come si trova con un campione come Klose? «È sempre molto bello, parlo spesso con lui. Prima delle partite mi dice come preferirebbe ricevere il pallone, lo fa in base agli avversari, è un giocatore straordinario».
Candreva, Hernanes e Klose sono i tre tenori della Lazio? «Fa piacere questo accostamento, spero di arrivare presto ai loro livelli».
Quanto è importante l’equilibrio che le ha dato la sua famiglia? «Molto, direi fondamentale. Tornare a casa da mia moglie Valentina è sempre fantastico, riesci a dimenticare tutti i problemi. E poi adesso c’è la bimba, dopo un allenamento o una partita andata male riesce sempre a distrarmi. La famiglia è decisiva nella carriera di qualsiasi uomo».