Al contrario, il derby di ritorno di quel campionato, quello della pastetta e dei bisbiglii tra cazzaro e Liverani, mi ha letteralmente mandato in bestia. Manco il 5-1 mi ha suscitato lo schifo che mi ha suscitato quella partita.
Di questo parlerei in un altro topic, e non perché la penso diversamente da te.
Del 6 gennaio ricordo soprattutto tre cose: la linea difensiva, del tutto improvvisata con due centrocampisti letteralmente inventati nel ruolo; il miglior Di Canio, mattatore nel preparare la partita sul piano psicologico e della comunicazione prima di confermarsi tale sul campo; la grinta dei gemelli Filippini - soprattutto Emanuele, il meno forte dei due -, comunque lontana da atteggiamenti antisportivi o intimidatori.
In molti, anche fra i commentatori estranei al contesto, sottolinearono che la Lazio avrebbe vinto comunque anche senza tanta aggressività.
Per la serie: se non si riesce nemmeno a intuire il significato reale e le implicazioni di un incontro, perché sparare sentenze?
Riandando alle sensazioni provate, quell'undici riuscì a trasmettermi nel corso della partita, oltre all'entusiasmo, una solida sensazione di sicurezza.
Un esempio: dopo il pari beffardo e immeritato del brufoloso, ero pressoché certo che saremmo ripassati rapidamente in vantaggio, come poi accadde.
Se penso al mio umore e alle considerazioni razionali del prepartita, fatico a credere che fosse passata solo un'ora abbondante.
Sul piano tecnico - premessa la difficoltà nel parlarne per la predominanza di quello emotivo - quello fu l'anno del grande ridimensionamento, reso ancor più drastico dal confronto con l'appena conclusa gestione Mancini.
Il Papa fece quanto il buonsenso e l'esperienza suggerivano: operò sul morale di una squadra mentalmente simile a una pecora al macello; mise nelle condizioni di esprimersi al meglio i pochi elementi di qualità; dispose gli altri a far legna nel modo più semplice e rapidamente assimilabile.
Il suo limite è sempre consistito, a mio avviso, nello scarso lavoro sulla parte tecnica, da cui dipendeva la quantità industriale di passaggi sbagliati: ce ne saremmo accorti nella stagione successiva, assaporando il football assai più raffinato del primo Delio Rossi.
A parte questo, non ho un ricordo negativo del suo calcio: il modo in cui aveva valorizzato gli inserimenti di A. Filippini fino a farne un elemento pericoloso nel gioco aereo, a dispetto del suo metro e sessantotto di altezza, racconta del resto di schemi non banali e di un'organizzazione apprezzabile.
Ovviamente, quel derby e quella salvezza in quel momento della nostra Storia gli valgono un posto nella Hall of Fame.