Autore Topic: Il mio ricordo di Enzo Tortora  (Letto 1220 volte)

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Offline giangoverni

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Il mio ricordo di Enzo Tortora
« : Domenica 30 Settembre 2012, 18:13:24 »
da GLOBALIST.it

Un eroe civile di nome Enzo Tortora
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Alla vigilia della fiction su Enzo Tortora, un mio ricordo e alcune riflessioni su un uomo signorile che detestava i cialtroni. Che tornò libero da vincitore. [Giancarlo Governi]
Giancarlo Governi
domenica 30 settembre 2012 09:29
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di Giancarlo Governi

Non ho mai scritto di Enzo Tortora con il quale ho avuto un rapporto molto intenso prima del suo arresto infame e dopo, quando ritornò nel mondo dello spettacolo libero e trionfante. Un momento che durò meno di un anno purtroppo, stroncato da un tumore che tutti immaginammo di tipo psicosomatico, proprio quando la sua battaglia per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del pubblico ministero stava per essere coronata da successo, e due anni prima che Giuliano Vassalli portasse in porto la riforma del codice di procedura penale, una riforma ispirata e sollecitata dal caso Tortora.

Ne parlo ora alla vigilia della messa in onda della fiction su di lui che penso avrà grande successo come hanno grande successo le storie provocate dagli errori e dalle persecuzioni giudiziarie. Per quel poco che ho visto dichiaro di avere qualche dubbio su Ricky Tognazzi nella parte di Tortora. Un ottimo attore secondo me sbagliato per quel ruolo. Spero comunque di essere smentito. Lo faccio prima di vedere la fiction perché non voglio essere condizionato nel racconto.

Enzo era un uomo molto intelligente e soprattutto di grande cultura. A casa sua a Via Piatti a Milano troneggiava una ricca libreria di classici della letteratura e della filosofia, che Enzo aveva letto e studiato con rigore. Il suo linguaggio era quasi un miracolo, sia che parlasse di vita quotidiana sia che invece parlasse di cultura alta. Era intellettualmente molto rigoroso e ironico per cui talvolta poteva esplodere in momenti di intolleranza nei confronti delle persone poco serie o che si macchiavano di cialtroneria, per Enzo uno dei peccati più gravi. Per tutti questi motivi molti suoi colleghi lo ritenevano antipatico e lo detestavano. Quando fu arrestato furono pochi a schierarsi dalla parte della sua innocenza. Qualcuno addirittura si lasciò andare a giudizi e a dubbi che poi fu costretto a rimangiarsi. Per saperne di più basta leggere il libro di Vittorio Pezzuto "Applausi e sputi" che ha fatto da guida alla fiction.

Enzo Tortora era liberale, un partito "signorile" come era signorile lui, che però quando fu arrestato non fu in grado di fare niente per lui. Per difendere Tortora bisognava sporcarsi le mani mettere in piedi una vasta mobilitazione contro la malagiustizia. Servivano i radicali, quelli delle battaglie civili degli anni Settanta e anche degli anni Ottanta. Tortora guidò la sua difesa portata avanti da avvocati straordinari, con la sua grande cultura e anche con la consapevolezza della propria innocenza ma anche conscio di portare avanti per tutti una grande battaglia civile. Ed Enzo ci dette una grande lezione, la dette soprattutto a coloro che si nascondevano dietro un mandato parlamentare. Quando, lui parlamentare europeo, fu condannato, si dimise per andare di nuovo in prigione, novello Socrate.

Andai a trovarlo nel carcere di Bergamo, al quarto mese di prigionia, seguita alla gogna mediatica che diffondeva le sue immagini in manette, in un accanimento vergognoso di cui i media non si pentirono mai. Venne in parlatorio un uomo distrutto che si era rasato i capelli da solo in un gesto autolesionistico. Appena mi vide si mise a gridare "cosa ci fa un galantuomo come me qui... dimmi che cosa ci fa". Io mi misi a piangere e il secondino che lo aveva accompagnato piangeva anche lui e lo abbracciava: "non faccia così signor Enzo lo sappiamo tutti che lei è innocente".

Ritornò libero e definitivamente innocente dopo una lunga battaglia in cui, come disse Pannella, riuscì a trasformarsi "da vittima in vincitore della sua battaglia di libertà contro una giustizia molto peggio che fascista. Oggi, invece, lo si vuole continuare a ricordare come vittima e non come vincitore''. Quando tornò libero volle prendersi la sua rivincita, tornare al suo pubblico di Portobello (il programma di maggiore successo della televisione italiana) soltanto per poter dire la sua storica frase: "Dunque... dove eravamo rimasti?" Ma poi venne da noi di Raidue e ci disse: "Io non posso più continuare con Portobello, la sorte mi ha cambiato, io sono un'altra persona". Inventò un programma nuovo e veramente diverso e io ebbi l'onore di assisterlo e di collaborare con lui e con sua sorella Anna che aveva inventato Portobello. Il programma si chiamava Giallo E sarebbe passato anch'esso alla storia della televisione se il cancro che lo stava divorando non lo avesse bloccato alla ottava puntata.

Grande Enzo Tortora, un eroe della televisione ma anche un eroe civile!

Frusta

Re:Il mio ricordo di Enzo Tortora
« Risposta #1 : Domenica 30 Settembre 2012, 22:44:10 »
Caro Giango sto per dirti qualcosa che immagino tu già sappia abbondantemente ma che forse non è ben chiara ai frequentatori più giovani di questo forum.
Il tuo ricordo di Tortora, oltre che per la dolorosa vicenda a cui si riferisce, dovrebbe farci indignare anche, e forse soprattutto, per il fatto che ancora esista in Italia un ordinamento fascista. E non dico "fascista" come giudizio politico, lo dico semplicemente per indicare un ordinamento nato da Mussolini e poi lasciato intatto.
Per il regime fascista dotare di un grande potere discrezionale la magistratura era un ottimo strumento per avere un codice di procedura penale, pretendere che la legge fosse uguale per tutti, ma avere anche la possibilità di decidere che ci fosse qualcuno più uguale di altri.
Questo perché quando la legge NON è uguale per tutti, qualcuno " può " e qualcuno " non può ".
Questo perché quando la legge è uguale per tutti, tutti quelli che "NON possono" sono puniti allo stesso modo.
Questo perché quando c'è discrezionalità, la pena oscilla da uno scappellotto all'impiccagione: "chi può " si prende lo scappellotto, "chi non può " l'impiccagione.
La discrezionalità del giudice è nata fascista ed è una aberrazione (cui prodest?) che è stata lasciata intatta.
Il sistema odierno è ancora quella di Mussolini perché se è vero, come è vero, che nessun giudice fu deposto dopo il 1948 è altrettanto vero che non possiamo, in qualsiasi momento della nostra vita, non aspettarci gli stessi giudici di Via Tasso.
E' successo a Tortora e nessuno ha pagato perché il fascismo sapeva benissimo come non pagare, la mostruosità sta nel fatto che lo sappia altrettanto bene anche la"democrazia".
Scusami per lo sfogo, un saluto.

Offline giangoverni

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Re:Il mio ricordo di Enzo Tortora
« Risposta #2 : Domenica 30 Settembre 2012, 22:56:39 »
Sono d'accordo con te, Frusta, però bisgna ricordare che la riforma del 1989 del codice di procedura penale (la famosa riforma Vassalli) fu sollecitata anche dal caso Tortora.

Offline aquilavecchia

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Re:Il mio ricordo di Enzo Tortora
« Risposta #3 : Domenica 30 Settembre 2012, 23:26:49 »
Caro Giangoverni, mi pare anche il caso di ricordare il comportamento di certi giornalisti e di certi magistrati, alcuni dei quali ritenuti penne e toghe di prima grandezza.
Riporto unarticolo esaustivo: giudicate voi.
Da VELINO del 23 maggio 2008
TORTORA / UN CALVARIO GIUDIZIARIO COL CONCORSO DELLA STAMPA

“Giustizia ingiusta”, “situazione kafkiana”, “un caso di macelleria giudiziaria”. Sono alcuni dei termini con i quali è passata alla storia la vicenda processuale di Enzo Tortora. Tutto iniziò all'alba del 17 giugno 1983 quando, per ordine dei magistrati inquirenti della procura di Napoli Lucio Di Pietro e Felice Di Persia, il giornalista venne arrestato con l'accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico nel corso di una maxi retata contro la Nuova camorra organizzata. A questa accusa si aggiunse in seguito anche quella di spaccio di droga. Il 17 settembre 1985, Tortora venne condannato a dieci anni di carcere, principalmente in base alle accuse di un manipolo di pentiti. Assolto il 15 settembre 1986 con formula piena dalla Corte d'Appello di Napoli, venne definitivamente prosciolto dalla Corte di Cassazione il 17 giugno 1987. Alla ricostruzione di questa incredibile vicenda giudiziaria, Vittorio Pezzuto dedica quasi trecento delle 520 pagine del suo libro biografico “Applausi e sputi. Le due vite di Enzo Tortora”. L'arresto del giornalista venne studiato nei minimi dettagli per creare il massimo impatto mediatico possibile. “Tortora - spiega Pezzuto al VELINO - venne prelevato dai carabinieri all'Hotel Plaza di Roma alle 4 di mattina e portato alla caserma di via In Selci. Si aspettò però mezzogiorno per dare tempo alla stampa e ai fotografi di immortalarlo ammanettato: il cellulare che lo avrebbe portato a Regina Coeli fu appositamente parcheggiato a 50 metri di distanza dalla caserma per far fare al giornalista una passerella indecorosa sotto i flash con i ferri ai polsi”.
Assieme a Tortora vennero arrestate in quella maxi retata 856 persone. “Centinaia di fermati vennero rilasciati qualche mese dopo per omonimia - racconta Pezzuto -. Infatti in diversi casi erano state arrestate persone con lo stesso nome in modo da avere una più alta probabilità che tra loro ci fosse quella giusta da imprigionare”. Dal giorno dell'arresto del giornalista fino alla fine della vicenda processuale, divampò in Italia lo scontro tra colpevolisti e innocentisti, garantisti e giustizialisti. Nelle prime settimane la stragrande maggioranza della stampa sputò addosso a Tortora distruggendo l'immagine di un uomo che proprio sull'immagine aveva costruito la sua carriera. Scrisse Camilla Cederna sulla Domenica del Corriere: “Mi pare che ci siano gli elementi per trovarlo colpevole: non si va ad ammanettare uno nel cuore della notte se non ci sono delle buone ragioni. Il personaggio non mi è mai piaciuto. E non mi piaceva il suo ‘Portobello': mi innervosiva il pappagallo che non parlava mai e lui che parlava troppo”. Giampaolo Pansa scrisse nel dicembre 1984 sull'Espresso a proposito del magistrato che lo aveva arrestato: “Io qui scrivo: il tempo è dei galantuomini. Anche l'onorevole Tortora, fino a prova contraria, appartiene a questa categoria. Ma galantuomo per galantuomo, mi piace di più Lucio Di Pietro”. Un'eccezione fu Gianni Riotta, allora al Manifesto, che assunse una posizione garantista. Il primo grande giornalista a schierarsi a difesa di Tortora fu comunque Enzo Biagi con l'editoriale “E se fosse innocente?”. Dalla sua parte si schierarono intellettuali come Leonardo Sciascia e Giorgio Manganelli. Anche Giorgio Bocca lo difese, mentre Indro Montanelli adottò una posizione ambigua. “Nessuno ha mai poi chiesto scusa a Tortora - sottolinea Pezzuto -. L'unico è stato Paolo Gambescia che anni dopo dichiarò ‘Ho contribuito a distruggere un uomo'”.
Senza l'intervento del Partito radicale, Tortora avrebbe seguitato a languire in carcere in attesa di un processo che chissà quando si sarebbe svolto. La candidatura del giornalista nel 1984 al Parlamento europeo trasformò quel caso personale in una problematica giudiziaria più ampia. Divenuto presidente del Partito radicale, Tortora assieme al Partito socialista e al Partito liberale lanciò nel 1987 la battaglia referendaria per la responsabilità civile del magistrato in caso di colpa grave. "Nonostante l'elettorato avesse dato a larga maggioranza il proprio consenso a questa proposta - ricorda Pezzuto -, il Parlamento varò una legge che tradì lo spirito referendario perché permise, e seguita ancora oggi a permettere, ai magistrati di continuare a fare carriera anche nel caso commettano le peggiori nefandezze. Ed è quello che è successo a coloro i quali ordinarono l'arresto e condannarono in primo grado Tortora. Purtroppo in Italia si fa carriera per anzianità a prescindere dai meriti e dai demeriti”.
Le pagine conclusive del libro, Pezzuto le dedica proprio all'avanzamento delle carriere dei magistrati che arrestarono Tortora. Felice Di Persia venne promosso membro del Consiglio superiore della magistratura e quindi fu nominato procuratore capo della Repubblica di Nocera Inferiore. “Cossiga pochi giorni fa mi ha raccontato - rivela Pezzuto - che quando era capo dello Stato e presiedeva le riunioni del Csm si rifiutava di stringergli la mano”. Lucio Di Pietro è stato fino a poco tempo fa alla Direzione nazionale antimafia e adesso è procuratore generale della Repubblica di Salerno. “Faccio gli auguri ai cittadini di Salerno, che ne hanno tanto bisogno”, commenta Pezzuto. Luigi Sansone, presidente del tribunale che condannò Tortora a dieci anni in primo grado, è stato promosso a presidente della VI sezione penale della Corte di Cassazione. Nella vicenda Tortora entrò successivamente anche un altro magistrato recentemente investito da una bufera mediatica: Clementina Forleo. “Quando la famiglia del giornalista - racconta Pezzuto - querelò per diffamazione aggravata il pentito di camorra Gianni Melluso che seguitava a sostenere la colpevolezza di Tortora, il gip Forleo nel dicembre 1994 assolse Melluso e se ne uscì con questa frase: ‘L'assoluzione di Enzo Tortora rappresenta in realtà soltanto la verità processuale e non anche la verità reale del fatto storicamente accaduto'. In sintesi, secondo la Forleo, Tortora, assolto in Appello e in Cassazione, poteva realmente essere stato un camorrista”.
Meglio non cercare troppo: si potrebbe trovare quello che si cerca e potrebbe non piacere.

Offline giangoverni

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Re:Il mio ricordo di Enzo Tortora
« Risposta #4 : Domenica 30 Settembre 2012, 23:51:14 »
Aquilavecchia ti ringrazio.

Frusta

Re:Il mio ricordo di Enzo Tortora
« Risposta #5 : Lunedì 1 Ottobre 2012, 00:00:52 »
Sono d'accordo con te, Frusta, però bisgna ricordare che la riforma del 1989 del codice di procedura penale (la famosa riforma Vassalli) fu sollecitata anche dal caso Tortora.
Vero, purtroppo però si tratta di una legge che sembra elaborata apposta per non funzionare se non addirittura per sovvertire i risultati del referendum. Infatti prevede (dopo ben nove estenuanti gradi di giudizio) che sia lo Stato (cioè noi) a rispondere e che, eventualmente, lo Stato può rivalersi solo per il 30% dello stipendio annuale di un pm, ma solo in caso di provato "dolo".
Purtroppo a "provare quel dolo" saranno altri magistrati e purtroppo sulle appena 406 cause avviate da cittadini solo 34 sono state dichiarate e le condanne (nei confronti dello Stato, quindi abbiamo pagato noi) sono state appena 4.
Ed è triste pensare che sarà ancora lo Stato, cioè sempre noi, a dover risarcire Patrick Lumumba, o Ottaviano del Turco o Daniele Barillà e chissà quanti altri.
Triste almeno quanto aver dovuto constatare che nessun procedimento disciplinare sia stato mai promosso davanti al Consiglio Superiore della Magistratura a carico dei pm e dei giudici che hanno condannato Tortora, anzi, non ne hanno risentito minimamente nemmeno le loro carriere.
Scusami se sono andato O.T. per quello che voleva essere solo da parte tua un affettuoso ricordo, ma l'ingiustizia rimane, e i Lumumba i Del Turco e i Barillà stanno dolorosamente e testimoniare che il suo sacrificio purtroppo non è servito a molto.

Teo

Re:Il mio ricordo di Enzo Tortora
« Risposta #6 : Lunedì 1 Ottobre 2012, 00:29:07 »
Siamo un paese che si preoccupa da anni della Magistratura, ma che non ha avuto scrupoli nel copiare la legge elettorale del 1924. A volte non si fanno passi in avanti, come dice giustamente Frusta, ma a volte se ne fanno perfino all'indietro.

Giglic

Re:Il mio ricordo di Enzo Tortora
« Risposta #7 : Lunedì 1 Ottobre 2012, 06:10:05 »
Siamo un paese che si preoccupa da anni della Magistratura, ma che non ha avuto scrupoli nel copiare la legge elettorale del 1924. A volte non si fanno passi in avanti, come dice giustamente Frusta, ma a volte se ne fanno perfino all'indietro.

Se le persone si indignassero con i ladri tanto quanto si indignano con le guardie , L'Italia sarebbe un paese civile. Poichè noi il virus del fascismo ce lo portiamo nel DNA (ed è inevitabile dopo 2000 anni di dominazioni), preferiamo i ladri, che ci lasciano quantomeno le briciole, alle guardie (che ci costringono a guardarci allo specchio ed a farci ammettere che al posto dei Fioriti, Lusi, Belsiti e via dicendo, noi forse avremmo fatto cose simili)

Detto questo, il caso Tortora è stato emblematico non della malagiustizia (che alla fine è stata la cosa che ha funzionato di più, visto che è stato assolto), ma dello sciacallaggio di alcune persone - giornalisti che gridavano quel 17 giugno "Inquadrategli le manette!" in primis. Come dice bene giangoverni, la riforma Vassalli è nata anche per impedire nuovi casi Tortora. Peccato che adesso la cosa si ritorca contro chi ha effettivamente ladrato la cosa pubblica...

Poi, certo, c'è stato il magistrato che ha parlato di "cinico mercante di morte". Può darsi che basti a screditare tutto il potere giudiziario (chissà a quanti, non famosi come Tortora, è capitata una cosa simile e non la sappiamo?), come può darsi che basti la Diaz per screditare tutta la Polizia (anche qui, di casi singoli di violenze gratuite a persone ce ne sono e saranno). Io continuo ad aver fiducia in entrambe le istituzioni, del resto ho fiducia nell'istituzione parlamento, e mi sembra sia composta da persone infinitamente più "compromesse".

PS: Aquilavecchia, il libro l'ho letto. E' ben documentato, ma è stato scritto non per Tortora, ma per parlar male della magistratura. E' il motivo per cui le figlie di Tortora non l'hanno mai "approvato".

Offline benvolio

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Re:Il mio ricordo di Enzo Tortora
« Risposta #8 : Lunedì 1 Ottobre 2012, 13:05:38 »
Nel caso Tortora, come giustamente ricorda giangoverni, si verifico' un sordido intreccio fra interessi di malaffare, errori, incompetenze e squallidi opportunismi. Il referendum sulla responsabilita' civile dei magistrati divenne furioso motivo di scontro politico e la riforma Vassalli che chiuse quel periodo non fece che risistemare il tutto in un modo inevitabilmente "non ottimale". Sono d'accordo con Giglic quando dice che, pero', le responsabilita' enormi furono quelle della stampa che quasi unanimemente si fece colpevolista e ritardo' il dibattito sugli atti processuali e, conseguentemente, sviluppi inquirenti piu' adeguati.
Vero e', infine, che nelle istituzioni e  negli organi dello stato bisogna avere fiducia ma purtroppo l'impunita' quasi totale cui sono stati destinati i troppi casi di reati, omissioni di atti, abusi, registrati in Italia non aiuta a mantenere serenita'.