Autore Topic: L’interrogatorio di Mauri, un pressapochismo che mette spavento  (Letto 862 volte)

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Giglic

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Partiamo dalla fine. Secondo il gip di Cremona non sarebbe poi così evidente la passione di Mauri per il Basket e quindi ritiene costruita a tavolino la versione del fantasista brianzolo che ha confessato di scommettere, sì, ma sull’Nba. La foto con cui abbiamo scelto di accompagnare l’articolo, scattata diverso tempo indietro, parla da sola, quindi sembra superfluo ogni ulteriore commento.
 
Superfluo non è, invece, soffermarsi su alcuni passaggi dell’interrogatorio di Mauri, reso pubblico da Panorama e caratterizzato, in certi frangenti, da un pressapochismo che per certi versi spaventa.
 
La partita incriminata dal gip è Lazio-Genoa. Il trequartista biancoceleste risponde fatti alla mano: “Noi quella partita la dovevamo vincere per andare in Champions. E a fine primo tempo ero anche molto incazzato perchè non ci stavamo riuscendo e siamo stati subissati di fischi. Poi alla fine è andata come è andata”.
 
E qui arriva l’obiezione. Ma Doni, dice il gip, Doni ha dichiarato cose differenti: ““Io non volevo guadagnare niente, ma ci tenevo in modo talmente spasmodico a vincere che se poi qualcuno ci guadagnava a me non interessava”, cita il giudice. Ribatte Mauri: «Sì, dovevamo vincere per la Champions. Ma quel ragionamento non fa parte di me, perché innanzitutto…Doni è Doni, io sono io. Ma adesso, sinceramente, non mi interessa di Doni».
 
Paradossalmente, è come se accusassero un povero di aver rubato. E davanti al suo diniego gli dicessero: “Calcola che un altro povero come te ha confessato che pur di mangiare sarebbe disposto a rubare”. Sembra assurdo, ma la vicenda è andata esattamente così. Valore probatorio? Nullo. Risultato? Quasi ridicolo.
 
Tra le altre cose si parla anche della famigerata Sim che Mauri ha ricevuto dall’amico Aureli, titolare di una agenzia di scommesse, per puntare sulle partite di basket. Qui la domanda del gip è disarmante: “Se le avessero offerto una pistola, avrebbe accettato anche quella?”
 
Ora, come si fa a paragonare una sim telefonica ad un arma da fuoco non riesco a comprenderlo, ma evidentemente è un limite mio. E al termine di tutto questo, la riflessione, molto amara, è la solita. Noi amanti del calcio siamo i primi a chiedere chiarezza e pulizia. Ma chiarezza e pulizia devono far rima con giustizia, non con populismo e sensazionalismo.
 
E’ giusto dirlo, senza giri di parole: se gli inquirenti hanno solo questo in mano, contro Mauri non c’è nemmeno lo straccio di una prova. Anzi, quasi si potrebbe dire che contro Mauri non esiste neanche un indizio. E che quindi, stando così le cose, squalificare il calciatore e penalizzare la Lazio per responsabilità oggettiva, sarebbe veramente una grande ingiustizia. Così come ingiusto (se gli elementi in mano ai pm sono solo questi) è stato tenerlo in carcere per sette giorni e sette notti.
 
Servono elementi forti prima di infangare il nome delle persone o di una società che ha milioni di tifosi. Chi ha sbagliato paghi. Ma prima trovate le prove che servono ad inchiodare ognuno alle proprie responsabilità.

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