Autore Topic: La mia Lazio senza paura  (Letto 899 volte)

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Giglic

La mia Lazio senza paura
« : Giovedì 7 Giugno 2012, 09:00:16 »
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Il nuovo allenatore Petkovic si presenta «Dominerò gli avversari puntando sul gruppo Batterò i pregiudizi e farò divertire i tifosi»




Entra in punta di piedi. Quasi chiedendo permesso. Ma deciso. Pronto a costruire un gruppo che sappia imporre il proprio gioco al calcio italiano. Pantalone chiaro e camicia bianca, giacca rigorosamente blu con l'aquilotto già ricamato sul petto, il brizzolato si siede in conferenza stampa un po' emozionato. Del resto nel centro sportivo di Formello c'è il parterre giornalistico delle grandi occasioni. Posti in piedi e tv straniere. «È molto importante questo momento per la mia carriera. Sono onorato di lavorare alla Lazio, un squadra che ha una tradizione di 112 anni». Eccole le prime parole di Vladimir Petkovic. Il bosniaco, dallo stile più svizzero che balcanico, si presenta. S'è preparato il discorso. Prima di tutto l'elogio del passato. Ma quello che conta è il futuro: «La Lazio deve puntare più in alto. Dobbiamo farlo senza strafare, step by step. La prossima settimana capirò dove sono e con chi lavoro, perché è vero che conoscono il calcio italiano e la Lazio, ma un conto è guardare le cose da fuori, un altro è farlo da dentro». Al contrario di quello che s'è detto sul suo temperamento, Petkovic dà l'impressione di essere un umile. Un gigante buono, visto anche il suo metro e novanta di altezza, che ama dire le cose in faccia a collaboratori e giocatori. Che apprezza il confronto «perché amo i rapporti umani. Sono un tipo flessibile con cui si può parlare. Per me i giocatori sono prima di tutto uomini. Ma se io do sempre il 100% pretendo lo stesso dai miei collaboratori. Non sono un duro, sono un tipo esigente». Punterà sul gruppo: «Ho letto e sentito alcune cose su di me e il mio staff - dice il tecnico leggendo in italiano i suoi appunti - e vi dico che combatterò i pregiudizi.Per me la cosa più importante è il gruppo. Vanno bene gli individualismi, ma solo se inseriti all'interno del gruppo. Del resto se si inizia a vincere tutti insieme, poi ci sarà anche spazio per mettere in risalto le qualità dei singoli». Ancora non è chiaro quale sarà lo schema di gioco che utilizzerà, Petkovic non lo svela. Di sicuro non avrà una rosa più ampia di 24 giocatori, dentro la quale finiranno almeno 4-5 giovani pescati dal vivaio. «Saranno i giocatori a fare il modulo - spiega il tecnico - quindi dipende da quello che ho in mano. A me non importa il sistema», lo schema in campo, «ma i principi tecnico-tattici che giocatori applicheranno. Dovranno imparare a fare alcuni movimenti sia in difesa sia in attacco. Quando vedrò come i ragazzi si adatteranno, allora decideremo insieme con loro come giocare». Insomma, quella di Petkovic sembra una Lazio 2.0, dove al centro c'è una scelta partecipata da parte del tecnico che non sembra arrivato per imporre con prepotenza uno schema, ma per trovare una soluzioni condivise. Anche perché l'obiettivo della società biancoceleste resta uno: volare alto. «Abbiamo grandi ambizioni - dice il bosniaco che prende confidenza con la presenza massiccia di giornalisti - e siamo pronti a vincere sempre contro ogni avversario. Noi dobbiamo imparare che possiamo dominare in difesa e dominare in attacco. La mia squadra dovrà dominare l'avversario». Un calcio aggressivo, dunque. Lo staff sta già cancellando dalla lavagnetta i vecchi schemi di Reja, troppo pragmatici e poco offensivi, per ridisegnare una Lazio determinata che sappia far girare la sfera a terra in ogni zona del campo e rendere le partite anche «piacevoli». Non a caso l'allenatore dice di ispirarsi principalmente a due grandi della panchina: Capello e Wenger: «Ma poi quello che conta è trovare un proprio stile. Porterò in Italia qualcosa di nuovo per dominare gli avversari. Il calcio qui è molto fisico, molto tattico, ma con le mie idee posso portare qualcosa di nuovo». Qualcuno lo aveva associato a Zeman (a proposito, non teme alcun derby), ma si dovrà ricredere: «Per me l'allenamento è molto importante se fatto con il pallone, perché bisogna sempre metterci entusiasmo. Quando eravamo piccoli volevamo giocare con la palla e questo fattore non muta negli anni». Se sul calcioscomme non arriva alcun commento rilevante, sul calciomercato non parla chiaro ma si fa capire. Specialmente quando nomina Burak Yilmaz. Il tecnico fa capire che il turco è tra le sue grazie: «È un giocatore molto importante per il campionato turco, ha tante qualità ed è il miglior realizzatore di quel torneo. Quindi...», parlano i numeri. Altro nodo decisivo è Zarate. Il fantasista tornerà dall'Inter e nei giorni scorsi s'è detto che non si adatterebbe bene alle scelte del bosniaco. Petkovic gli riapre mezza porta: «Zarate è un giocatore che conosciamo tutti molto bene. Il suo talento è sicuramente un elemento molto utile alla squadra e, se resterà, l'importante è che entri a far parte di tutto il gruppo». Prima di abbandonare la conferenza stampa arriva la promessa ai laziali: «Lavoreremo sodo per ottenere risultati. Io amo vincere. Spero non ci saranno sconfitte». Poi s'alza. Come era entrato ora va via, in punta di piedi. Saluta i giornalisti (chiede lealtà anche a loro, come la chiede ai giocatori). Foto di rito con i colori biancocelesti e ancora con l'aquila laziale che vedrà volare tra pochi mesi sotto il cielo dell'Olimpico. Il gigante buono se ne va. Torna in Svizzera per pochi giorni. Ma con la mente fissa sulla Lazio, già in cerca della chiave per vincere e divertire. L'era Petkovic è aperta.

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