LEDESMA LAZIALE A VITA Ha firmato la 200ª presenza in
campionato: chiuderà la carriera a Roma
di Daniele Rindone
ROMA - Unaquila che vola, una bandiera che
sventola, un capitano coraggioso, un
centrocampista insostituibile, un leader vero, un
laziale a vita. Cristian Ledesma, un innamorato
della Lazio. Testa alta, muscoli, gambe, volontà
da uomo antico, ha centrato le 200 presenze in
campionato con la maglia biancoceleste, è
successo a Pescara. Ledesma aquila vera, la
proclamazione non è di oggi, se lè conquistata
sul campo con anni di sacrifici e di prestazioni,
sudando le maglie che ha indossato, stringendo i
denti, giocando quando non avrebbe dovuto per
via di guai fisici. Ledesma ha fede nella Lazio, è uno dei simboli positivi, un esempio
da seguire. Non sè mai lamentato, è andato avanti, sempre.
Non ha mai cercato fama, non ha mai giocato da solo, sè
esibito con carisma, con la sua forza, ne ha da vendere.
LA STORIA - Duecento volte Ledesma, duecento partite con
la Lazio in serie A. Duecento partite festeggiate in famiglia
domenica sera, soffiando sulle candeline poste su una
buonissima torta preparata dalla moglie Marta. Nel calcio,
come nella vita, ci sono quelli che marciano attraversando il
destino, non si fermano mai. Per loro non conta solo lo stile, ma la voglia di farcela.
Ledesma è uno di questi, in tanti anni di Lazio ha scalato montagne, superato ostacoli,
vinto sfide. E rinato più volte, si è ripreso la Lazio quando pensava daverla persa. E'
ripartito con più forza e convinzione, è tornato su grandissimi livelli, oggi è uno dei
centrocampisti più forti dell'intera serie A. Lo dice il campo, lo dicono i numeri.
Ledesma e Pirlo si danno battaglia a distanza, sono in vetta alla classifica dei
passaggi riusciti. Guida Pirlo con 427 palloni indovinati, segue Ledesma con 389, il
duello andrà avanti per tutto il campionato. Pirlo regista della Juventus capolista,
Ledesma simbolo del contropotere, fulcro della Lazio più bella e ambiziosa degli ultimi
anni. Si diverte a sconvolgere le supremazie, ha listinto del leader, lo diceva Delio
Rossi, individuò in lui le stimmate del caposquadra futuro. Petkovic lo utilizza a mo di
sentinella, lha piazzato davanti alla difesa, da lui partono le iniziative, è lui
lequilibratore della squadra. Ledesma anima della Lazio, di ogni Lazio. Solo Ballardini,
commettendo un errore imperdonabile, ebbe il coraggio di lasciarlo fuori seguendo
logiche sbagliate, non solo tecniche.
LA STORIA - Ledesma si è temprato sui campi di calcio, sui campi di terra e polvere
della Patagonia, lì dove iniziò a dare calci al pallone: «Era un pallone eterno?? durato
non so quanti anni perché tutte le volte che io e i miei fratelli lo bucavamo papà si
metteva a ricucirlo pazientemente. Tuttora penso sia il pallone più bello che io abbia
mai usato» , raccontò una volta litalo-argentino. Ledesma è il penultimo di nove fratelli,la sua famiglia da Buenos Aires si trasferì a Puerto Madryn, penisola di Valdez, un
golfo affacciato sullOceano Atlantico dove le balene franco-australi transitano tra
pinguini e leoni marini, è qui che è cresciuto: «Ascoltavo spesso, correndo dietro al
pallone, quel vento e quel freddo che ti toglie il fiato e me li sono portati dietro per
sempre» . Quel vento lo spinge in avanti, lo fa correre allinfinito, lo fa volare come
unaquila. Sventola la bandiera Ledesma.
In Patagonia una scuola calcio con il suo nome
Lì è cresciuto, non ha
dimenticato le sue umili origini.
Ledesma aiuta il suo vecchio
Alumni, il club che lo ha
lanciato nel calcio che conta a
Puerto Madryn. Quella società,
anzi la scuola calcio, ora si
chiama Cristian Ledesma??, in
suo onore. Il playmaker
argentino lo scorso anno ha
donato 100 palloni ai bambini
che coltivano il suo sogno ed è
stato ricevuto come una star
lultimo Natale. Quando, con la
moglie Marta e i figli, è andato
a trovare i suoi parenti, che
ancora vivono in Patagonia,
nel golfo di Valdez.
LE PAROLE «Nuova mentalità un ciclo vincente»
ROMA - Umiltà e ambizione, è questa la filosofia di Ledesma: «Petkovic dice che non
siamo ancora al 100%? E un bene, cè tanto da migliorare senza esaltarci troppo. Ci
sono i margini per fare ancora di più - ha detto il centrocampista a Lazio Style Radio -
il mister sta portando una nuova mentalità, cerchiamo di imporre il gioco con equilibrio.
Parlare bene di questo allenatore non vuol dire criticare laltro, viviamo un ciclo nuovo»
. La Lazio vuole restare a fari spenti per continuare a stupire: «Migliorare vuol dire
anche non dirlo al mondo intero (risata, ndr) , lavorare in silenzio sugli errori perché gli
altri possono trovare le contromisure. Stiamo lavorando sulla continuità, non riusciamo
a giocare per 90 minuti come vuole Petkovic. Sfruttiamo la pausa per crescere». La
batosta di Napoli è servita: «In quella partita sbagliammo noi, a Londra con gli stessi
giocatori andammo bene, giocammo con equilibrio, imponendo il nostro gioco. Se
giochiamo con quattro calciatori offensivi dobbiamo metterli in condizione di fare
meglio. Al S.Paolo gli errori ci furono e li pagammo con i gol subiti, ma il Napoli non
giocò meglio».
Il Milan savvicina: «Sarà una una partita difficile, giocare contro i rossoneri è sempre
complicato. Non mi aspetto un Milan abbattuto né animato da voglia di rivincita, mi
aspetto una squadra che verrà a Roma per fare il suo gioco». Lazio favorita? Ledesma
non vuole sentirlo dire: «Sono solo statistiche, sarà il campo a dire se riusciremo a
fare meglio di loro, nel calcio può succedere di tutto. Ci sono partite che non meriti di
perdere, come la nostra contro il Genoa, e ci sono anche altri aspetti che incidono sui
risultati. Nella nostra testa la sfida col Milan deve rimanere una sfida difficile». La
Nazionale è un sogno infinito: «Ma finché non sarò chiamato la mia Nazionale è la
Lazio, non penso ad altro. Bisogna avere la testa a posto per cercare di fare bene con
la propria squadra».
LINIZIATIVA E imprenditore con la sua Marta
di Alberto Abbate
ROMA - Amore e lavoro. Il doppio filo della vita di Cristian. Ha aperto uno store di un
famoso marchio sportivo nei pressi di Corso Francia: si trova a Piazza Carli, quartiere
Vigna Stelluti di Roma. Lo gestisce la moglie Marta, Ledesma è dietro al bancone al
suo fianco, quando non si allena. Molti tifosi accorrono da settimane, anche solo per
vederlo dal vivo e farsi firmare un autografo. Ledesma ormai ha messo radici nella
capitale, il suo futuro è qui.
Non ha intenzione di muoversi e la scelta imprenditoriale ne è la più emblematica
dimostrazione: «Io e Cristian amiamo questa città e soprattutto la Lazio. Abbiamo fatto
insieme un progetto di vita, che ci lega a questa realtà. Non la lasceremo mai»,
confida Marta.
La bella consorte aveva sempre coltivato il desiderio di aprire un negozio, un mese fa
è diventato realtà. Non cè ancora stata linaugurazione, ma a breve - probabilmente in
prossimità di Natale - è prevista una serata evento, in cui Ledesma coinvolgerà
qualche compagno biancoceleste, special guest.
I giocatori laziali già invadono il negozio, sono clienti fissi. Marta e Cristian -
nonostante la firma sia sponsor del capitano - hanno deciso di puntare tutto su capi
casual e trendy: niente materiale tecnico, niente scarpini da calcio.
La scelta di vita di Cristian ormai è fatta. Per largentino atipico che ama la «cacio e
pepe» di Trastevere come e più dellasado, che insegna ai figli i cori della Nord, che sa
tutto linno di Mameli perché «sono italiano, non un oriundo», che al tango preferisce la
pizzica, salentina come la moglie Marta, cè solo e per sempre la Lazio e Roma.
Nessun progetto di ritorno in Patagonia, la sua terra dorigine, per sparare le ultime
cartucce. Ora che è una bandiera, Ledesma sventolerà per sempre: «Il mio gol
preferito? Il primo al derby (10/12/2006, Lazio-Roma 3-0, ndr) , senza dubbio».
Appenderà la foto in negozio.
«Avrebbe stupito, ne ero convinto Era aprile, così nacque il
s o g n o »
«Chi ama il calcio e vuole gustarsi gare spettacolari punta su di
l u i . . . »
«Diverte in campo e fuori: simpatia e battute sempre pronte.
E c c o c h i è »
Parla Ferraria, luomo che lha sponsorizzato in Italia: «Studioso
del calcio, si alza ogni giorno alle 7 non smette mai di guardare
partite»
di Daniele Rindone
ROMA - Un pazzo: «Mi davano del matto». Gli
dicevano Petkovic in Italia? Tu sei matto...??.
Non era pazzo, ha sempre scommesso su di lui,
lha spinto a credere nel sogno italiano. Petkovic
raccontato da Flavio Ferraria, consulente
tributario romano, esperto di calcio svizzero, ex
direttore generale de La Chaux de Fonds, club
elvetico. Ferraria e Petkovic si conoscono da
anni, tutto è nato così...
Ferraria, oggi tutti parlano di Petkovic. La
prendevano in giro quando lo faceva lei,
quando lo sponsorizzava in Italia...
«Conoscevo il valore di Vlado, sapevo che ce
lavrebbe fatta in serie A».
E lo spinse a tentare il grande salto.
«Era aprile, sapevo che la Lazio era a caccia di
un allenatore. Una mattina mi alzai, chiamai
Petkovic, ci incontrammo a Bellinzona. Io non
sono il suo agente, gli trasmisi solo lidea di
provarci in Italia, aveva il carisma ideale per fare
bene in una città come Roma».
Petkovic come reagì?
«Eravamo al bar. Io, da viziato quale sono,
ordinai una birra, lui prese solo un bicchiere
dacqua. Mi disse serie A? Magari, proviamoci??.
E stata brava la Lazio a credere in lui, lo
conosceva da tempo, laveva studiato».
Petkovic ha conquistato tutti in pochi mesi,
qual è il suo segreto?
«Se hai voglia di sederti comodamente in
poltrona per gustarti una bella partita, le squadre
di Petkovic sono lideale».
Lavrà pensato anche Lotito, lha scelto con convinzione.«Lotito rimase impressionato da Petkovic, si incontrarono a Roma a maggio. Vlado
sapeva tutto dei giocatori della Lazio, le caratteristiche, i pregi, i difetti. Credo che
questo colpì molto il presidente e il diesse Tare».
Quando vi siete conosciuti?
«Petkovic allenava il Bellinzona, io ero direttore generale a La Chaux de Fonds, un
club svizzero. Entrambi eravamo in serie B, noi venivamo da sei sconfitte di fila, non
potevamo perdere. Era un tardo pomeriggio, ricordo un tempo bestiale, veniva giù la
grandine, vincemmo a dieci minuti dalla fine. Vlado qualche tempo dopo ci raccontò un
episodio, quando tornò negli spogliatoi disse con tutti gli italiani che ci sono, chi vince
qui???, fu una battuta simpatica».
Quel giorno lei... impazzì??. Iniziò a scoprire Petkovic e il suo calcio...
«Quella partita la giocò con il 4-3-3, fu durissima per noi. Le sue squadre sono state
sempre riconoscibili».
Carisma, mentalità, preparazione calcistica. Cosa dobbiamo ancora scoprire di
Petkovic?
«Lui è così come si vede: tranquillo, calmo, riflessivo, difficilmente perde la pazienza in
pubblico, magari nel privato si farà pure sentire. E una persona dedita al lavoro, alle 7
è già in piedi. Studia, si aggiorna, vede partite in continuazione, visiona dvd, è un
grande professionista».
Quante volte lha buttata giù dal letto?
«E capitato (risata, ndr). Si sveglia prestissimo, telefona agli amici. In Svizzera hanno
orari differenti rispetto ai nostri, lavorano sin dalle 7.30, anche le scuole iniziano a
questora».
Petkovic il signore, stringe la mano a tutti, un segno di rispetto.
«E una caratteristica della cultura svizzera, anche i bambini danno la mano quando
salutano, neppure me ne accorgevo le prime volte. E un fatto caratteristico, so che
molti si sono stupiti, anchio rimasi colpito da questo speciale saluto».
Lha mai visto arrabbiato?
«Non ho mai assistito ad una sua sfuriata, avrei paura a farlo considerando quanto è
alto e grosso (risata, ndr). Lui sa prendere le persone, è uno dei suoi segreti. Sembra
distaccato, è molto simpatico, è pronto alla battuta. Quando siamo insieme evitiamo di
parlare di calcio».
Squadre riconoscibili, ha detto. In cosa?
«Nei movimenti, nel possesso palla. Se prendete le gare della Lazio e quelle dello
Young Boys, nel suo miglior periodo, le similitudini sono evidenti. Si va in campo per
fare le partite e vincerle».
Incide nel gioco, incide nella testa dei giocatori. Sè fatto seguire subito.
«Sa motivare i giocatori, sa parlarci, è un allenatore completo e ha ancora margini di
crescita. Legge le partite perfettamente, ha cambiato la mentalità del calcio svizzero,
era uno dei pochi tecnici che faceva gioco».
Calcio svizzero: quale talento consiglierebbe?
«Il livello è cresciuto, faccio dei nomi: Zuber e Hajrovic, giocano nel Grasshoppers,
sono due laterali di centrocampo, davvero molto bravi. E poi cè il portiere Burki».
Ferraria, lei per chi tifa?
«Io tifo per la Svizzera. E per Petkovic...».