Se la Lazio vive ancora noi laziali lo dobbiamo ad Antonio Ghirelli ma per lui non c'è mai stato un riconoscimento, mai un invito a una trasmissione, mai una targa, un invito ufficiale. Niente. Neppure per il Centenario quando furono riusumati tutti. Fui io, proprio per il Centenario, durante una maratona radiofonica, a ricordare Don Antonio (l'ho avuto come direttore ma non sono mai stato capace di chiamarlo direttore perché per tutti era "Don Antonio"). Lui, napoletano e tifoso del Napoli, capì che la Lazio, nel 1986, non poteva sparire (perché se fosse retrocessa in C sarebbe sparita) e allora ebbe quella grande idea. Scrisse su un foglio di carta: "La Lazio retrocessa in C", si precipitò in studio e mise il foglio sotto gli occhi del redattore che stava per aprire il Telegiornale. E si allontanò sulla sigla gridandogli: dalla per prima. Se non l'avesse portata lui personalmente, il Direttore, col cavolo che sarebbe passata!
Voleva che la Disciplinare, riunita in un appartamento dell'Hilton, la sentisse prima di firmare il verbale e fosse costretta a ripensarci per smentire l'indiscrezione del TG2. Ebbe ragione, perché così fu. I giudici smadonnarono ma dovettero stracciare il verbale.
Noi Laziali, Don Antonio avremmo dovuto ringraziarlo sempre e invitarlo alle nostre feste, nelle nostre trasmissioni. Anche per godere dei suoi racconti di grande giornalista a tutto tondo, della sua grande cultura e della sua conoscenza del calcio italiano. La sua storia del calcio in Italia, pubblicata 40 anni fa da Einaudi e sempre aggiornata, rappresenta ancora oggi una pietra miliare.
Mi piace ricordare tutto ciò proprio oggi che Antonio Ghirelli ci ha lasciato, anche per rendere omaggio, da una angolazione particolare, ad un grande scrittore e a uno dei più grandi giornalisti italiani.
Giancarlo Governi