Visto da me: Feyenoord-Lazio 1-0

di Frank 73


La penso diversamente (rispetto al dedicare attenzione prioritaria alla Conference League, ndr).

In coerenza con quanto visto in questo biennio tecnico, nel quale la Lazio ha rinunciato a competere nelle due manifestazioni europee e nella Coppa nazionale dello scorso anno (già sono pronto alla precoce eliminazione per quella di questa stagione), la Lazio ha il DOVERE di uscire nel prossimo turno della Conference League.

Sarebbe incoerente dedicarvi energie e attribuirvi una qualsivoglia priorità: quando in questo turno eliminatorio di EL, nel quale affrontavi tre squadre ridicole (a proposito: tra i risultati della partita odierna, quello di essere stati eliminati dalla finalista della coppetta dello scorso anno, rivalutando e dando una dignità insperata alla vittoria dei suini), lo hai fatto rinunciando a preparare quelle partite per vincerle.
Utilizzandole invece come tappa di trasferimento verso i grandi impegni domenicali con Cremonese e Spezia, in Danimarca prendendo una goleada, con gli austriaci in due partite indecenti.

Del resto (e ne sono testimonianza, per quanto mi riguarda, i commenti dopo la prima partita), il fatto che alla Lazio, alla società e al tecnico questa competizione non interessasse è parso evidente già nel secondo tempo dell'incontro dell'Olimpico con gli olandesi.
Quando ti trovi 4-0 contro la tua avversaria principale del girone e sai di giocare l'ultima in casa loro, non ti fai recuperare in quel modo.
Vuol dire che non sei sul pezzo, vuol dire che non hai la Coppa da aggredire davanti ai tuoi occhi, vuol dire che neanche eri consapevole di quanto fosse importante, in quel momento, quel 4-0 nell'economia del girone e nella prospettiva di un accesso diretto agli ottavi: a marzo, tra cinque mesi, con un quadro chiaro anche del campionato e di quali carte giocarti.
Neanche hai capito, dopo quella vittoria, quanto sarebbe stato importante vincere in Danimarca e chiudere la pratica del girone volando alle fasi finali.
E questo è inconcepibile, delittuoso e sintomo di una società e di un allenatore non all'altezza di queste sfide.

Un girone affrontato al meglio delle nostre potenzialità tecniche e agonistiche ci avrebbe portati diretti agli ottavi di finale a marzo, sollevandoci dalla necessità di compiere qualunque scelta. E consegnandoci le carte migliori da giocare, sia nella competizioni nazionali sia in quella europea, per vivere una stagione speciale.
Ma un tecnico di Serie C, e lo  sottolineo ancora una volta, adeguandosi ad una società incapace di compiere l'ultimo passo (che non è sul mercato, non c'entra un cacchio il mercato, il passo da compiere è essere consapevoli dello spessore del proprio club e di individuare gli spazi dove poter essere vincente), è un tecnico inadeguato per il nostro livello e per quello di cui la Lazio ha bisogno.

Metterlo sotto contratto è stato un grosso errore; assecondarne le scelte (non di mercato, ma di obiettivi) il sintomo di pochezza, incapacità e debolezza della Società.
Paradossalmente con uno staff dirigenziale che sembrava averlo invece compreso negli ultimi anni quali fossero il ruolo, le prospettive e gli ambiti da aggredire per la Lazio: ma era evidentemente tutta farina del sacco di un tecnico, Simone Inzaghi, meno capace e con meno conoscenze rispetto al Santone toscano, ma che il ruolo della Lazio lo aveva ben compreso.
E la Lazio l'ha portata a battersi, e a vincere, laddove era possibile, riconoscendone il ruolo e l'ambito dove essere protagonista.
A costo di trascinarsi e perdere in casa col Chievo prima di una semifinale di Coppa. Perché l'odore della vittoria era lì.

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