Visto da me: Lazio-Bologna 2-1
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di Er Matador
Il campionato 2022/’23 della Lazio comincia nei primi minuti come peggio non si potrebbe, con un’espulsione doppiamente assurda. Colpevolissimo Maximiano, che disponeva del margine di manovra per evitare l’infrazione. Qualcosa peggio il sicario col fischietto, che applica il regolamento sulla chiara occasione da gol a una situazione di gioco in cui l’offendente è contrastato e neppure nel pieno controllo del pallone.
I dogmi del 4-3-3, meccanicamente applicati dal boemo in frangenti simili, prevederebbero il sacrificio del Rambaudi di turno per inserire il secondo portiere. Sarri decide di stupire e amputa la mediana della presenza di Bašić, delegando a Zaccagni il compito di sdoppiarsi sul centro-sinistra: ne derivano due conseguenze. Prima, il coinvolgimento dell’ex veronese nella poco limpida azione del rigore – sulla quale incide anche la folle spizzata di Romagnoli, con una giocata da centravanti avversario – dove commette un’ingenuità tipica del difendente non di ruolo impegnato in ripiegamento. Seconda, la resa incondizionata al centrocampo rossoblù, con Cataldi impalpabile e capacità di ripartire pressoché azzerata.
Un quadro desolante cui va aggiunto il comportamento della linea difensiva, dove in più occasioni tre salgono e uno rientra a prendere l’uomo. Il tutto con un undici che, tranne Romagnoli e i portieri, includeva giocatori già presenti nella scorsa stagione.
A proposito di estremi difensori, Provedel si presenta stoppando De Silvestri con un’uscita bassa tanto efficace quanto poco convenzionale – e dolorosa – nella parte del corpo utilizzata: quasi un omaggio al tipico stile di Garella, scomparso alla vigilia del match. Meno efficace sul rigore, dove battezza con modesta estensione un tiro comunque quasi imparabile. In generale l’ex spezzino dà l’impressione di interpretare il ruolo in maniera proattiva, senza subire passivamente le situazioni di gioco, sostenuto da una notevole fisicità: il tempo dirà ma, dopo anni di Strakosha e Reina, si prova una sensazione di sollievo.
A sgombrare il cielo da nuvole nerissime inizia Lazzari, le cui percussioni hanno rappresentato l’unico segnale di vita nel primo tempo. Anche se, nella circostanza, incide maggiormente l’imperdonabile scelta di Soumaoro: che spende il secondo giallo su un avversario a quaranta metri dalla porta e dalla visuale non proprio sgombra, ristabilendo la parità numerica.
Prima di analizzare la ripresa, un paragrafo va dedicato all’ex spallino, che è riduttivo definire il migliore in campo. Agevolato anche dalla finestra di opportunità per i giocatori leggeri, che sfrecciano contro avversari ancora imballati dalla preparazione, ha imperversato sulla corsia destra alternando iniziative lungo l’out a geometrie maggiormente orientate all’interno del terreno. La sua riconversione a esterno di una difesa a quattro rimane sinora il capolavoro del tecnico, purtroppo più eccezione che regola quanto a lavoro sui singoli.
Si diceva del secondo tempo in cui il calo atletico dei picchiatori felsinei, la loro tattica più attendista e una sana resipiscenza biancoceleste disegnano un baricentro sempre più vicino alla porta di Skorupski. Il giro di boa rimane l’ingresso di Luis Alberto, smantellando una mediana in cui gli ospiti rinunciano a competere per concentrare tutte le risorse sul fronte offensivo. E qui si apre la diatriba, fra chi grida allo scempio e chi attribuisce lo spezzone dello spagnolo proprio al fatto di essere entrato con squadre stanche e spazi ampi. A giudizio di chi scrive, si possono tranquillamente alternare le due modalità di utilizzo, dal primo minuto o alla Altafini, in base alle caratteristiche dell’avversario di giornata: ma allestendo un’intelaiatura di squadra, a oggi inesistente, che possa fare temporaneamente a meno della sua qualità.
La Lazio ha il buon senso di creare densità sul perimetro dei sedici metri, dove gli uomini di Mihajlović assommano percentuali disastrose sui rimpalli: frutto tanto di limiti coi piedi quanto di una disposizione perfettibile, che non propone all’offendente raddoppi di marcatura lasciandogli quasi sempre un solo uomo fra sé e la luce della porta. A concretizzare un assedio sempre più stringente provvedono le due modalità di Brute Force Attack che hanno caratterizzato il tardo pomeriggio dell’Olimpico. La percussione di Lazzari, che ridicolizza chi cerca di opporsi; l’attacco in massa, da meta di mischia, sul centro-sinistra. Col contributo in un caso di De Silvestri, sfortunato ma anche colpevole nell’intasare uno spazio già presidiato senza controllare nessun avversario; nell’altro di Bonifazi, altrettanto disorientato e disorientante per i suoi nel tenere in gioco Immobile.
Bene, rispetto agli standard delle passate stagioni, la difesa del vantaggio: nella quale sprazzi interessanti sono venuti da Cancellieri, forse il più sarriano fra i nuovi acquisti quanto a tipologia di movimenti.
In definitiva, tre punti preziosissimi e una reazione importate sul piano della personalità. Ancora troppo marcata la dipendenza dai singoli nelle soluzioni offensive. Come dire che, quanto al celeberrimo “gioco”, anche oggi se ne parla domani.
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