Visto da me: Empoli-Lazio 1-3
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di Er Matador
Per capire la partita di ieri sera può essere utile partire dalle conferenze stampa di Sarri, assai interessanti. Sul piano degli atteggiamenti, già meno spigolosi e sintonizzati su una lunghezza d’onda diversa rispetto a Napoli, a conferma di come si sia calato nella nuova avventura con consapevolezza e motivazioni. Sul piano dei concetti, chiari e ben delineati. Uno fra tutti: sarà un anno di transizione.
E in effetti la squadra appare un cantiere aperto: vuoi per la tempistica del mercato, che ha tolto tempo prezioso all’inserimento dei nuovi acquisti; vuoi perché, dall’incapace al Comandante, non è un altro modulo ma un altro sport. Soprattutto la fase difensiva ha evidenziato la propensione a recitare a soggetto, gestendo posizione e movimenti sul piano individuale anziché rispetto a una logica di squadra. Una desuetudine al collettivo e all’organizzazione di gioco da rimuovere nelle teste, prima ancora che negli schemi.
Ieri di fatto si è vista la difesa a cinque dello spiacentino, con l’aggravante di un uomo in meno. E con una protezione del centrocampo inesistente, poiché quella monocratica garantita da Leiva non c’è più causa trascorrere degli anni, mentre quella organizzata è ancora di là da venire. Contro un avversario più qualitativo e cinico dell’Empoli, la Lazio schierata al “Castellani” avrebbe rischiato l’imbarcata.
Idee un po’ più chiare da metacampo in su, dove si è passati dall’appoggiare sistematicamente la manovra sull’ottimo Hysaj – come se aleggiasse il fantasma di Lulić – al creare densità al centro con scambi sempre più fitti a ridosso dell’area avversaria. Decisivo l’apporto – discontinuo, ma dalla qualità stellare – di Milinković-Savić, tornato per una sera al primo anno della gestione Inzaghi: meno centrocampista totale, più incisivo negli ultimi venticinque metri. Le notazioni positive riguardano alcuni aspetti promettenti:
1) le palle perse, in calo dopo un inizio non incoraggiante: e non si tratta di un dettaglio perché, coi problemi difensivi descritti, ogni passaggio sbagliato rischia di innescare un contropiede altrui
2) Il tasso decrescente di leziosità: si è cercato qualche numero anche per l’estetica, ma in maniera finalizzata e tenendo presente la porta. Un segnale positivo sul piano mentale, prima ancora che tattico
3) Le potenzialità, dato il buon livello di qualità individuale, nel tenere palla per dosare le energie alternando possesso e verticalizzazioni
Molto bene la reazione, immediata e successiva, al gol subito a freddo. Ancora molto inzaghiano, invece, il finale con un rilassamento troppo marcato e le troppe occasioni concesse ai toscani.
Quanto ai singoli, tutto da inventare il contributo difensivo di Lazzari e Hysaj, devastanti invece come ali e interessanti negli inserimenti al tiro. A corrente alternata Felipe Anderson, inserito con naturalezza ma a chilometraggio limitato Pedro. La compatibilità coi movimenti richiesti da Sarri appare spontanea, si spera che fisico e motivazioni lo sorreggano. Immobile cercato più come sponda che come finalizzatore, e si spera non debba rivivere l’incubo tattico della Nazionale. Centrocampo ancora troppo indecifrabile per contestualizzare le prestazioni dei suoi componenti. Passando a Reina, la lentezza con cui si è riposizionato dopo l’uscita su Bandinelli, costringendo Luiz Felipe a sostituirsi a lui sulla ribattuta di Bajrami, conferma i limiti di reattività ormai cronici. Rimane una risorsa preziosa per trasmettere i concetti dell’allenatore a chi non ha lavorato con lui, ma non può sobbarcarsi per un’altra stagione il ruolo da titolare.
Un buon risultato, migliore della prestazione, e un progetto dalle premesse stimolanti che merita di essere sostenuto con passione e pazienza. Mettendo nel conto, sulla strada della messa a punto, qualche crash test con esito non ottimale.
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