Cagliari-Lazio 0-0

di Er Matador


STRAKOSHA s.v.-Di solito l’espressione “portiere inoperoso” contiene una dose di iperbole: non è il suo caso, perché gli unici brividi vengono su conclusioni fuori dallo specchio e dalla sua portata. L’unico tentativo di coinvolgerlo viene da un vergognoso tuffo di Farias, cui l’ancor più vergognoso Guida risparmia un’ammonizione doverosa.

BASTA 5-Tatticamente discreto, ma a calcio si gioca anche coi piedi. E coi piedi non lascia davvero tracce.

DE VRIJ 6.5-Si guadagna la pagnotta con un paio di recuperi quando lo sfascio dell’assetto tattico risucchia i sardi nell’altra metacampo. Doppio merito, perché mai come oggi era a rischio calo di concentrazione causa scarsa attività.

HOEDT 6.5-Coadiuva de Vrij, cade e si rialza con un intervento di pregio su una situazione potenzialmente insidiosa. Fa il suo, e non è una battuta, anche quando viene attaccato in campo aperto: meriterebbe un Seminatore d’Oro per giocatori in omaggio ai progressi compiuti. Merito suo e del già citato connazionale se non finisce ancora peggio.

RADU 6.5-Spinta costante con un paio di spunti da ala. Sicuro che non ne avesse più?

PAROLO 5-Qualcosina tenta, per carità, ma sono carezze anziché pugni. Soliti limiti di personalità nel non sapersi smarcare da una giornata no collettiva.

BIGLIA 5.5-Si fa sentire con l’arbitro senza eccedere, ed è una nota di merito. L’unica in una giornata nella quale, più che il carattere, è proprio la lucidità a fare difetto.

LULIĆ 5-Un clamoroso passaggio a vuoto, in cui emerge solo il peggio del suo repertorio. E che coincide con un clamoroso passaggio a vuoto della squadra: non un caso, se si pensa al suo recente contributo.

FELIPE ANDERSON 3-L’unica vera palla-gol è un rigore in movimento, che purtroppo finisce sui suoi piedi e quindi malamente ciabattato fra le braccia dell’incertissimo Rafael.
Qualcuno gli spieghi che, se non fa la differenza in giornate e situazioni del genere, si può anche fare a meno della sua labirintica psiche.

IMMOBILE 2-Vedi Lulić, ma con un livello di indecenza tecnica molto più grave. Avesse un sostituto in grado di farlo rifiatare, smaltirebbe certe pause fisiologiche lontano dal campo.

KEITA 5-Troppo spesso ha dato la sensazione di uno che non ce la mette tutta. Oggi è sembrato davvero uno che non ce la fa: a giocare dal primo minuto, a reggere più di venti minuti, a mantenere una decorosa continuità fisica e mentale. Ovviamente parte titolare.

ĐORĐEVIĆ 1-Un cadavere insepolto. Se ha una dignità, si ritiri e smetta di rubare lo stipendio.

LUIS ALBERTO 1-Un paio di filtranti così scolastici e telefonati da fare tenerezza, un tiro esalato che quasi non arriva in porta, la totale incapacità di tenere un pallone. Chi l’ha pagato cinque milioni andrebbe radiato dall’albo.

PATRIC s.v.-Non spettano a lui i miracoli, e infatti non li fa. Entra, fra parentesi, in un assetto tattico smantellato.

INZAGHI 1-Pareggiare senza tiri e senza gol contro una squadra in vacanza da un intero girone, e con la peggiore difesa del torneo o giù di lì, non è un buon punto o alla peggio l’esito di una giornata no: è grave e basta.
Neppure si può invocare l’attenuante di un calo di tensione nei giocatori, quando si sbagliano quasi tutte le valutazioni individuali in materia di turnover e si insiste su errori già commessi e verificati sul campo.
Keita stava diventando devastante in un ruolo alla Altafini, l’unico compatibile con la sua patetica autonomia: il suo percorso di crescita viene stroncato riproponendolo dall’inizio. Si stava imponendo come seconda punta atipica, e rieccolo sulla fascia a riesumare lo stramaledetto tridente coi due esterni che crossano, quando crossano, per un naufrago solitario.
Non si sta invocando il doppio centravanti, una sciagura anche con un calciatore al posto di Đorđević: solo un modulo a due punte che si cerchino, si aprano spazi a vicenda, tolgano all’avversario la comodità di un riferimento unico obbligato.
Più o meno quanto accade in Nazionale con Immobile e Belotti: e che funzionerebbe con un interprete ovviamente meno qualitativo del torinista, ma dalle caratteristiche simili.
Il tutto, magari, senza smontare il centrocampo: come invece accade puntualmente, regalando la partita a un avversario che non ne approfitta dolo per demeriti propri, e anche qui siamo nell’ambito del perseverare diabolicum.
Si dirà: le alternative in attacco scarseggiavano, causa una situazione tecnica e di organico incresciosa.
Ma questo non può andare a discolpa di chi è stato scelto proprio allo scopo di evitare lamentele e richieste sacrosante, anche di fronte a situazioni del genere.

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