Visto da me: Lazio-Empoli 2-0

di Er Matador



Tre punti e anniversario onorato, ma seguire la Lazio di oggi è stato come sedere a chiappe nude su una stufa accesa.

Se nel derby la squadra era tragicamente evaporata sul piano mentale, oggi i rilievi riguardano la peggior prestazione sul piano tecnico-tattico e dell’assetto di squadra.
Centrocampo disastroso in entrambe le fasi, tanto farraginoso nel costruire quanto troppo distante per proteggere la terza linea, che ha disarticolato la manovra esponendo a rischi impensabili contro un avversario così modesto.

Dietro Hysaj ha fatto da spartitraffico: giusto preferirlo al sosia di Casale, sensato adattarlo in un ruolo per il quale vanta una buona base atletica, ma nei movimenti a uscire e accorciare – l’essenza del giostrare come braccetto in una linea a tre – ha sbagliato semplicemente tutto.

Analizziamo anche le caratteristiche dei quinti: o Lazzari fungeva da esterno offensivo nella schema di Tudor, e per quello appare troppo involuto coi piedi, o il tecnico di Spalato ha schierato due terzini.
Considerato quanto scritto su Hysaj e la consistenza numerica all’osso fra i centrali difensivi, non era più semplice schierarsi a quattro per ispessire la mediana con un uomo in più?

L’aver insistito sul 3-4-2-1, con giocatori a disposizione non adatti, sembra un inquietante conato di fondamentalismo.
Espressione di un ego e una prosopopea ormai endemici fra gli allenatori insieme alla carenza delle doti di psicologo, senza le quali proprio Maestrelli non avrebbe costruito quell’irripetibile gruppo.
A conferma, se qualcuno ha ancora dei dubbi, di come il sacchismo abbia distrutto la scuola tecnica italiana anche su questo fronte.

Davanti si è sentita meno del previsto l’assenza di Luis Alberto, se è vero che a Immobile sono arrivati palloni interessanti in verticale.
Ciro, per parte sua, si è fatto trovare pronto nei movimenti, segno di come stia forse ritrovando la propria identità di ruolo dopo tre anni di gender tattico: peccato che le soluzioni tecniche abbiano tristemente oscillato fra il grottesco e il patetico.

Per il resto, opaco Felipe Anderson e molto peggio del previsto Zaccagni, il cui inserimento fra i due trequartisti rischia di essere meno immediato rispetto alle attese.
Gol, in ogni caso, di matrice esclusivamente individuale, come quelli evitati da Mandàs: e non si potrà chiedere al buon Patric, sideralmente il migliore nel reparto di competenza, di togliere altre castagne dal fuoco in avanti.

Scricchiolii inquietanti anche nei cambi banalmente sarriani: Pedro ha dosato ottimamente i tempi dell’assist per Vecino (nella foto il gol del 2-0 finale, ndr), inseritosi in uno spazio che Castellanos ha contribuito a creare, ma oggi più che mai serviva un intervento incisivo su un assetto palesemente disfunzionale.

Poi si può anteporre a quanto sopra una chiave di lettura più terra terra, secondo cui una qualità troppo bassa ed errori elementari da parte un po’ di tutti avrebbero disarticolato qualsiasi modulo.
C’è del vero in questa prospettiva, ma rimane la sensazione di una squadra messa male in campo come mai nella gestione Tudor.

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