Visto da me: Bayern M.-Lazio 3-0

di Er Matador



Ampiamente evitato il record degli inferiori, ed era l’obiettivo principale.
Finisce 3-0 contro il Bayern, quindi con un risultato assolutamente normale.
Va bene così? Fino a un certo punto.

Intanto c’è il mistero dell’unica squadra nella Storia del calcio che arriva senza motivazioni a una gara del genere.
Situazione già verificatasi al cospetto dei bavaresi sotto la gestione dello spiacentino, a conferma del fatto che le cause vanno cercate, per dirla con Braudel, in una prigione di lunga durata.
Un’anomalia che si riverbera sul tifoso, il quale dovrebbe assaporare attimo per attimo serate come questa e si ritrova invece a sperare che finiscano il prima possibile.

Di più breve durata, invece, l’assurdo tattico cui abbiamo immancabilmente assistito anche all’Allianz Arena.
Centrocampo impalpabile con Luis Alberto nei tre, distanze fra i reparti saltate, tiro in porta non contemplato.
Come al solito, dopo un’eccezione funzionante quale la gara d’andata, Sarri riporta la Lazio nelle nebbie del “suo calcio”, rigidamente anteposto agli interessi del club che gli paga l’immeritato stipendio.

Capitolo Immobile: non sarei così severo sul gol sbagliato (nella foto, ndr), che la spizzata di un difensore bavarese – quanto è mancato Upamecano – ha reso meno ovvio correggendo all’ultimo la traiettoria.
Mentre negativa rimane la sua prestazione: frutto, più che di un crollo atletico, di tre anni di dissonanza cognitiva nei quali ha disimparato a giocare a calcio.
Evidenziando il suo vero limite, vale a dire la mancanza di personalità.
Quella che lo rende sempre bonaccione e compiacente nelle interviste, anche quando l’ultrà della Sud travestito da giornalaio meriterebbe una regolata.
Quella che gli ha impedito di affermarsi già in una A2 continentale come Dortmund e Siviglia.
Quella che gli ha impedito di attaccare al muro un paio di maestrini: in un caso abbandonando lo scarico del cesso di trigoria cui è ridotta la Nazionale; nell’altro gridando in faccia alla controfigura di Biden “con la Scarpa d’Oro ho già vinto più di te”.

Guardando avanti, rimangono un campionato non ancora completamente concluso e la Coppa Italia.
Obiettivi che il tipo mancherà come suo solito, da una parte insistendo su uno pseudo-gioco rigettato dalla squadra e dal buonsenso, dall’altra scrollandosi di dosso il fastidioso impegno infrasettimanale.
Chi al suo posto per condurre in porto questa tribolatissima annata? Il caso De Rossi fornisce la risposta: chiunque.
Per il semplice fatto che, quando si tratta di sostituire un malato di mente, basta una persona normale.

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