Visto da me: Inter-Lazio 3-0 (SCI)
|
di Er Matador
Che questa manifestazione fosse una cagata pazzesca (cit.) lo si sapeva.
Lo era per la formula, snaturata dall’inserimento di seconde e finaliste ad allungare un brodo già insipido. Lo era per la sopravvalutazione del calcio italiano e del suo appeal assai appannato, come dimostra la media spettatori da play-out di serie C. Lo era per la scelta della sede, che inserisce una trasferta con le sue complicazioni logistiche in un calendario saturo, attentando ulteriormente alla regolarità delle altre competizioni. Lo era per la scelta della data, in piena Coppa d’Asia con la Nazionale del Paese ospitante tra le favorite per la vittoria finale.
Ma allora, delle due l’una: o si rinuncia per protesta, magari aprendo un fronte contro certi eccessi del post-calcio; oppure si gioca e basta, anche per onorare le logiche di mercenariato che hanno portato la competizione a quelle latitudini. La Lazio ha scelto una ributtante soluzione intermedia, materializzando una riedizione della spettrale Cile-URSS datata 1973 con una sola squadra in campo. Oppure – per citare termini di confronto meno lugubri – imitando il peggior André Agassi quando, in tornei per lui di scarso interesse agonistico, intascava l’ingaggio e si dava alla fuga perdendo in due set sotto l’ora di gioco.
Sia chiaro che non è in discussione la sconfitta contro un avversario più forte, anche se messo in difficoltà da formazioni saldamente nella parte destra della classifica, quanto il fatto di non aver proprio giocato. Primo responsabile quell’anziano e stanco commentatore cui la società versa un congruo stipendio da allenatore.
Le dichiarazioni della vigilia – qualunque cosa se ne pensi nel merito – sono incompatibili col suo ruolo e con le regole più elementari nel rapporto col datore di lavoro, in base alle quali avrebbe meritato in troppe altre circostanze il licenziamento in tronco. Alle inarrivabili doti di demotivatore si aggiungono, anche in una partita inapprezzabile sul piano tecnico-tattico, considerazioni sparse sul celeberrimo gggggioco.
Ad esempio, sull’azione del 2-0, perché Pedro – qualcuno parla di rinnovo? Sul serio? – commette quell’intervento neanche così grave nella propria area? Oltre al resto contribuisce un modo di giocare cretino e controproducente, che vuole un centravanti perennemente spalle alla porta ed esterni ridotti a terzini. Cerchiamo di capirci: nella vecchia scuola, si giocava con un solo mediano e, dal 7 all’11, con ali, mezzali e punte. Quello era difensivismo, mentre il nonsense del Valdarno rappresenterebbe il trionfo dell’offensivismo e dello spettacolo?
In una gara impercettibile a livello di prestazioni individuali, chi è riuscito comunque a farsi notare in negativo è Luis Alberto: che un Capello, dopo il passaggio da cui è nato il terzo gol (nella foto, ndr), avrebbe platealmente sostituito. Se un simile personaggio non è ancora stato spedito altrove, è perché senza di lui non si arriva a tirare in porta. E questo in una squadra che, con l’upgrade in panchina, doveva giocare a memoria…
Considerazione conclusiva: si parla spesso di strisconi e cori come lesivi per l’immagine internazionale della Lazio. Ma la propensione a non giocare le partite, già emersa nella scorsa stagione di Coppe, sembra molto più pericolosa e delegittimante. Per il semplice fatto, in un calcio sempre più orientato verso esibizioni e regole di ingaggio, nulla taglia fuori dal giro quanto l’inadempienza contrattuale.
|
Votazione: Questo articolo non è stato ancora votato.
|
|
|