Visto da me: Lazio-xxxx 0-0
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di Er Matador
Una tra le partite più brutte mai viste nel corso di decenni: tanto che, senza il fattore tifo, sarebbe stato difficile arrivare al novantesimo più recupero.
La peggiore squadra affrontata sinora, un branco di pippe selvagge senza la benché minima idea di gioco e tenute in piedi solo dall’antisportività. Contro la quale la Lazio ha sì pagato la sfortuna sul legno di Luis Alberto (nella foto, ndr) e la malafede del duo Massa-Irrati su alcuni episodi in area di rigore, ma producendo quasi nulla sottorete. Colpa del solito pseudo-gioco del tutto inconcludente e di scelte individuali che richiamano il celebre adagio, riferito agli allenatori, “li vede allenarsi tutta la settimana”: li vede da Marte, evidentemente.
Altrimenti non si spiegherebbe la scelta, puramente e ottusamente ideologica, di un centrocampo superleggero col solo Guendouzi a metterci agonismo e movimenti. Oppure l’insistere su Marušić a sinistra, quando serviva un mancino naturale per allargare il fronte offensivo contro il proverbiale pullman parcheggiato nei sedici metri avversari. O ancora l’inamovibilità di Luis Alberto e Felipe Anderson, nonostante l’evidente necessità di farli rifiatare.
Nulla di meglio è venuto dai cambi: l’infortunio di Vecino, che ha bruciato un’ulteriore mossa nel finale, è pura casualità. Mentre la scelta di piazzarlo al centro, ruolo per il quale non dispone più della necessaria fisicità, rientra nella “quotidiana guerra con la razionalità” per dirla con Max Pezzali. Tant’è che, dopo il suo ingresso, la squadra ha perso campo e baricentro lasciando Lukaku e compagni avvicinarsi alla porta: senza creare grandi pericoli, ma aumentando le probabilità di un episodio sfavorevole. Situazione immediatamente riassorbita col cambio forzato a favore di Rovella: al punto che il problema fisico dell’uruguaiano, si spera di lieve entità, ha tolto qualcosa dalla scacchiera ma forse evitato il peggio.
Non male anche la comparsata finale di Kamada, a cui i pochi minuti non sono bastati neppure per trovare la posizione, ammesso che gliene fosse stata assegnata una. Viene da immaginarsi il giapponese ormai anziano mentre racconta della sua carriera di calciatore ai nipotini, che gli chiedono: “Nonno, ma tu in che ruolo giocavi nella Lazio?”. E lui, rassegnato: “Vabbè, ho capito, vi racconto la battaglia di Iwo Jima”.
Quanto a Isaksen, e premesso che Pedro dal primo minuto andrebbe vietato per Regolamento, il danese è ancora disordinato e poco propenso alla copertura: ma ha mostrato in compenso spirito di iniziativa e imprevedibilità con le sue percussioni. Per ora è forse un elemento più adatto al finale di partita che a un impiego nell’undici di partenza, ma sembra meritare un minutaggio più elevato.
Senza contare che, con mezza difesa avversaria ammonita e costituita da giocatori fallosissimi, non sarebbe stato proibitivo cercare il secondo giallo e la superiorità numerica. Peccato che certi concetti di carattere pratico non esistano nelle teorie valdarnesi, troppo impegnate nella ricerca della triangolazione fra il possesso palla e la Costellazione di Orione.
Unica nota positiva di giornata o quasi la prestazione di Patric, che ha fatto tesoro della marcatura di Bonucci su Lukaku in un Juventus-Chelsea: se non si concede al belga-congolese il contatto col corpo, appoggiandosi al quale va via di potenza, lo si depotenzia quasi completamente. Lo spagnolo è stato attentissimo nel tenere le distanze spostando il confronto sugli appoggi bassi, nei quali era nettamente favorito, e riducendo l’avversario diretto alla pressoché totale irrilevanza.
In conclusione, altri due punti buttati in nome del sarrismo: che appare ormai, parafrasando l’aforisma di Churchill sulla Russia, un rebus avvolto in un mistero dentro una stronzata. Davvero non si capisce perché perderci altro tempo.
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