Visto da me: Lazio-Fiorentina 1-0
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di Er Matador
Errori elementari nella costruzione dal basso, mentre la squadra sale in ordine sparso lasciando voragini; difensori individualmente lenti e modesti; applicazione spericolata e approssimativa del fuorigioco. La Fiorentina di Italiano è frizzante, anche se poco incisiva, da metacampo in su: ma dietro concede più di qualsiasi avversario affrontato in stagione, con standard irreali per il nostro calcio.
Situazione che, con pressing alto ragionato e contropiede breve, permetterebbe di andare in porta quasi a ogni azione. Contro una simile banda del buco, invece, la Lazio riesce nell’impresa non solo di soffrire nel primo tempo, ma di non segnare su azione anche dopo aver ripreso in mano la partita. Tant’è che per sbloccare lo 0-0 ci vuole un Marco Lanna in minore, tale Milenković, goffo nel perdere la marcatura su Vecino e ancor più nel movimento scoordinato con cui cerca di recuperarla.
Pesano troppi errori dei singoli, fra cui quelli inammissibili di Castellanos e Felipe Anderson a porta quasi spalancata, ma a dominare sono le componenti sistemiche.
Di cosa ci si lamentava sotto la gestione dello spiacentino? Di una compagnia di teatro che recita a soggetto, con uno spettacolo pronto a collassare alla prima defezione di un interprete. Di una fase difensiva limitata ai duelli individuali, senza un elemento dominante in grado di coordinare il reparto: il gol di Beltrán, al di là del provvidenziale fallo di mano (nella foto, ndr), è uno scherzo di dubbio gusto per come Romagnoli e compagnia si lasciano prendere d’infilata. Dei personalismi che, con la patetica scusa degli equilibri di spogliatoio, consentivano a Luis Alberto di sprecare in serie calci piazzati, togliendo una risorsa fondamentale soprattutto in partite bloccate. Della totale mancanza di gioco, qualunque cosa si intenda con questa espressione. Di palloni buttati in mezzo a compagni fuori posto, fermi, senza movimenti di squadra che permettano di farsi trovare smarcati e nella posizione giusta per la conclusione. Di debolezze mentali del gruppo, cui la conduzione tecnica non aveva opposto contromisure di una qualche incisività.
Dopo due anni e mezzo a reinventare la ruota, com’è la situazione? La stessa, se non peggio. Il che etichetta il sarrismo come un fallimento, se non come una presa in giro.
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