Visto da me: Lazio-xxxx 1-0

di Er Matador



1) Estudiantes-Milan del ‘69? Argentina-Brasile del ‘78? Opere di bene.
Perlomeno se confrontate con quanto accaduto ieri sera, dove una delle due squadre non ha solo picchiato, intimidito, puntato a far male: ha proprio cercato, con atteggiamenti studiati e metodici, di impedire che si giocasse a calcio.
Mai visto, su un rettangolo verde, nulla di così apertamente delinquenziale.
Con Paulo Fonseca sarebbero scesi in campo giocatori individualmente antisportivi, come nel DNA del club, ma mai uno scempio del genere.
Peccato che al suo posto sia arrivato un esaltato, un relitto umano che, potendo contare su individualità in gran parte scadenti e su una cultura tattica di livello parrocchiale, ha preparato una guerra anziché una partita.
Lo stesso personaggio che aveva esposto Karsdorp – e peggio ancora i suoi familiari – al colpo di testa di qualche spostato con un’uscita pubblica quantomeno irresponsabile.
E il cui ego debordante è ormai fuori controllo, rendendolo apprezzabile sotto il profilo della pericolosità sociale.
La Lazio dovrebbe valutare iniziative in ambito giudiziario, compresa la richiesta di una perizia psichiatrica


2) Questione Confierence: spiace dirlo, ma rimane il convitato di pietra nel derby di ritorno.
Con la coppetta di latta, quel sodalizio aveva messo in bacheca un trofeo continentale sia pure risibile per livello tecnico.
L’unico modo per sanare quella situazione consisteva nello scucirglielo dal petto per poi, anziché alzarlo al cielo, orinarvi dentro con sdegno.
Invece la stagione europea più infamante della nostra Storia ha legittimato prima il loro avversario in finale, poi la credibilità della competizione.
Nei confronti diretti l’annata può dirsi trionfale, con l’espressione in entrambe le partite di una supremazia strutturale che va molto oltre il punteggio.
Se però si estende il concetto alla rivalità stagionale nel suo insieme, è inutile negare che la dinamica di cui sopra abbia messo qualcosa sull’altro piatto della bilancia


3) Partita vinta di nervi saldi e personalità contro un avversario che, sotto quel profilo, poneva il massimo livello possibile di difficoltà.
Bravi a non cadere nelle loro ossessive provocazioni, ma non per questo remissivi, i biancocelesti hanno condotto in porto il risultato riuscendo anche a salvare le gambe.

In cattedra Luis Alberto, protagonista dell’accelerazione nella ripresa, aiutato sia da una condizione mentale perfetta per il match sia dalla posizione più avanzata.
A tratti oscuro, ma prezioso il lavoro di Felipe Anderson e Pedro; decisivo Zaccagni, coadiuvato sulla corsia di competenza da una fra le migliori prestazioni di Hysaj nel recente biennio.
Provedel non benissimo sul gol annullato, ma l’aver giocato in quelle condizioni fisiche togliendo dal palo lungo l’insidiosa traiettoria di Spinazzola rende il suo bicchiere mezzo pieno.

Sul piano tecnico-tattico, al netto di una chiara superiorità che ha concesso assai poco a quell’accozzaglia di giocatori e giocatorini, alcuni frangenti dei novanta minuti più recupero hanno però lasciato qualche perplessità.

Ad esempio la (mancata) reazione dopo il rosso al caro Ibañez. Mourinho, via Foti, aveva momentaneamente puntato sull’opzione più conservativa, ma si trovava comunque nella necessità di riassestarsi: perché non imprimere una sostanziale accelerazione per approfittare del momento?
Invece i ragazzi di Sarri, quasi senza considerare la superiorità numerica, hanno regalato il quarto d’ora residuo nella prima frazione continuando a ruminare la sequenza di percussioni centrali, scarico sugli esterni, cross per il nulla.
Anzi, per il “centravanti liquido”, discutibile moda che strizza un occhio a Zygmunt Bauman e due a Roberto Renga, togliendo alla squadra qualsiasi dote di sfondamento contro le ammucchiate difensive.
Tant’è che al dunque si è arrivati (nella foto, ndr) con una manovra di aggiramento estremamente qualitativa per tocchi e movimenti, quanto difficile da riproporre con una certa continuità.

Troppo marcato anche il calo di concentrazione dopo il vantaggio, nel quale solo il naso di Smalling in fuorigioco ha risparmiato un autogol di rara assurdità (altro che Paolo Negro).
Poco comprensibile – se non dettata da motivi fisici – la sostituzione di Pedro, la cui assenza si è avvertita su un paio di azioni di rimessa che avrebbero potuto chiudere il discorso in anticipo.
La montagna di una prevalenza a tutto campo e di una difesa quasi impenetrabile, più un’ora in undici contro dieci, ha prodotto il topolino di un solo gol: lasciando il dubbio su come sarebbe andata in condizioni appena meno favorevoli.

Chiusura su Cancellieri, entrato bene nel match quanto ad atteggiamento e presenza nel vivo del gioco.
Sempre disponibile sulla destra, tanti palloni toccati... ma per farne cosa? Movimenti troppo ampi – quella che nel tennis si chiamerebbe “preparazione completa” dei colpi – e un tiro troppo simile a un appoggio nell’unica circostanza in cui ci ha provato.
Rimane la fisicità, utilizzata con efficacia nel prendere falli, per il resto non è ancora chiaro cosa sappia davvero fare

Votazione: Questo articolo non è stato ancora votato.