Visto da me: AZ Alkmaar-Lazio 2-1
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di Er Matador
La xxxx non ha vinto la Confierence col gol di Zaniolo. Ha vinto la finale d’andata a Rotterdam, quando la Lazio ha legittimato il livello tecnico del loro avversario nell’atto conclusivo. Ha vinto la finale di ritorno ieri sera, quando la Lazio ha legittimato il livello tecnico della competizione. Giusto per inquadrare gravità e implicazioni di una serata che chiude degnamente la stagione di Coppe più vergognosa e infamante della nostra Storia. Si è parlato più volte di esclusione dalle manifestazioni UEFA, per motivi che sui fatti di campo incidono meno di una rimessa laterale. Sarebbe il caso di invocarla nel momento in cui, approcciandolo con un atteggiamento disertore e truffaldino, si è direttamente intaccata l’integrità tecnica e regolamentare del torneo.
Quanto alle colpe, si può partire dall’istantanea dell’illusorio vantaggio: Felipe Anderson sceglie il centro lasciando la corsia esterna a Zaccagni; si fa dare palla dove vuole lui, in stile Klose; con freddezza lascia trascorrere l’attimo che spiazza l’avversario per infilare difensore e portiere (nella foto, ndr) con un tocco da biliardo. Un capolavoro, oltre a una spinta fondamentale verso una rimonta a quel punto distante una sola lunghezza. Poi la telecamera stacca sulla panchina, in teoria sincronizzata con quella scossa di entusiasmo. Vi trova un uomo sfatto, con barba di tre giorni e sguardo spento, che continua a scrivere stancamente chissà cosa e come se nulla fosse. Un Bukovski con le caccole, che svuoterebbe di motivazioni e sacro furore anche Rocco Siffredi. Neppure Reja – e si sa cosa ne pensa chi scrive – aveva liquidato gli impegni infrasettimanali in maniera così cialtrona e patetica. Fra surreali dichiarazioni della vigilia e fatti sul rettangolo verde, la sua firma è chiaramente leggibile. Senza dimenticare i giocatori, una banda di mezzi uomini e parassiti senza dignità tutti presi dalla loro comfort zone. Acquistati proprio per quello da un duo di banditi desiderosi di cristallizzare una continuità aziendale prona ai loro interessi personali, materializzando una truffa continuata ai danni della Lazio e dello sport. Un quadro monolitico nella sua coerenza, che richiede quindi un restyling radicale.
Quanto alla partita, si potrebbe discettare di un centrocampo ridicolo; di una trequarti regolarmente lasciata alla mercé del tiratore dal poligono, per distanze fra i reparti fuori controllo; dell’ennesimo gol preso su palleggio onanistico nella propria trequarti (assolto solo Provedel, stante l’imprevedibilità della traiettoria); della desolante mancanza di reazione con collasso, ancora una volta, dopo i cambi. Solo che, quando una squadra gioca e l’altra rinuncia volontariamente a farlo, diventa inutile parlare di calcio.
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