Visto da me: Lazio-Cluj 1-0
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di Er Matador
Un discendente del vergognoso Aston di Cile-Italia? Una vendetta per la Coppa in faccia di Wembley, circostanza nella quale gli inglesi hanno mostrato il proprio livello di civiltà sportiva e non?
Sia come sia, Pawson ha attuato tutto quanto era in suo potere per falsare il match, a partire da un’espulsione priva di fondamento regolamentare. Il fatto che un simile provvedimento sia stato confermato al VAR documenta malafede e premeditazione legate a una designazione del genere.
Appiedata da quell’episodio e da cartellini ancora più a senso unico del solito, la Lazio ha reagito come meglio non avrebbe potuto. Sul piano caratteriale ci ha messo ancora più convinzione ma senza lasciarsi prendere dalla rabbia, col risultato di annullare l’inferiorità numerica. Sul piano tattico, Sarri ha confermato il tridente – laddove il boemo avrebbe sacrificato il Rambaudi di turno – preferendo rinunciare a Marcos Antônio.
Sarà che col povero Calimero i biancocelesti giocavano comunque in dieci – si veda il patetico intervento sull’azione del rosso a Patric, dove comunque non è stato l’unico a darsi malato – e l’ingresso di Gila ha ripristinato la consistenza numerica originaria. Sarà che il doppio centrale a metacampo, in luogo dell’unico perno/birillo previsto dal Corano sarrista, ha talmente giovato agli equilibri da restituire un assetto più funzionale di quello con undici elementi. Sarà la necessità di improvvisare per tappare il buco dell’uomo in meno, che ha defossilizzato lo schieramento sincronizzandolo con le esigenze della partita.
Fatto sta che la Lazio ha fornito una tra le migliori prestazioni stagionali nella protezione della difesa: e la cartina di tornasole è rappresentata dalla serata di Gila, mai così sicuro perché non abbandonato a spazi e complessità tattiche che non riesce a gestire. Della pertinenza territoriale più ristretta, cui ha contribuito l’encomiabile lavoro degli esterni offensivi, hanno beneficiato anche Vecino e Milinković-Savić. Padroni del reparto in tutte le fasi di gioco: compresa quella conclusiva se solo il serbo non fosse sceso in campo coi calzini di spugna bagnati al posto delle scarpe, vanificando in conclusioni troppo fiacche (nella foto, ndr) la facilità con cui si presentava sul perimetro.
Da applausi il gol, finalmente esito di uno schema, con giocate di alta qualità da entrambi i protagonisti. Bene anche la gestione dei cambi, soprattutto per aver risparmiato i novanta minuti a Ciro.
Ancora da migliorare due aspetti, deficitari anche in una serata complessivamente positiva. Primo: abusi ed errori elementari nella costruzione dal basso. A cominciare dal passaggio all’interno del terreno mentre la squadra sta cercando di salire, roba da ritiro del patentino per giocare a calcio. Secondo: la scarsa concretezza offensiva. Sia pure con le difficoltà descritte, quanto prodotto in materia di gioco e palle-gol valeva un punteggio più largo.
Si va in Romania con una buona base, che sarebbe ancora migliore se l’ennesima idiozia assassina ai danni di questo sport non avesse tolto di mezzo la regola dei gol in trasferta. Molto dipenderà dalla designazione di un arbitro, anziché di un cartoccio di fish & chips avariato.
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