Visto da me: Verona-Lazio 1-1

di Er Matador



Dopo la vergogna di Torino la vergogna di Verona.

Del resto, una fra le illusioni più coriacee nel mondo del calcio è quella di giocare a perdere, o giù di lì, per una partita e poi riprendere il discorso come se nulla fosse: peccato che le motivazioni non funzionino con un interruttore grazie al quale spegnerle e riaccenderle a piacimento.

Vale ai Mondiali per le squadre che vincono le prime due partite nel girone, accusano il calo di tensione nella terza e per loro ininfluente sul piano del risultato, non riescono a ritrovarsi per le gare a eliminazione diretta.
Vale per i protagonisti della diserzione consumata all’Allianz Stadium, in una fra le gare più oscene nella Storia recente del club.

Al Bentegodi, contro una formazione con l’acqua alla gola ma non certo rassegnata, manca semplicemente tutto: prestazioni individuali, distanze fra i reparti, concretezza offensiva, motivazioni.
Si evita la sconfitta col gol di un marziano, si evita la vittoria con un gol (nella foto, ndr) da torneo amatoriale per deconcentrazione e staticità del reparto arretrato.

A proposito di distanze, credo sia il caso di riprendere un concetto espresso all’indomani di Lazio-Fiorentina

Il discorso del centrocampo, io vorrei sapere perché quando le cose si mettono male Cataldi esce....l'unico che riesce a fare compiti di regia sia difensiva che offensiva che abbiamo

non solo perché la soluzione di cui sopra è stata immancabilmente riproposta, ma proprio per la sua inopportunità.

Cataldi, ormai è chiaro, funziona come distributore di gioco rapido e preciso se viene ingabbiato in una squadra corta che si trova con passaggi brevi.
Va completamente nel pallone, inclusa la scarsa tenuta nei contrasti, con una squadra allungata e troppi uno contro uno sia difensivi sia offensivi.
Ma, ed eccoci al punto, le sue prestazioni negative sono l’effetto, non la causa, di quelle dei compagni.
Confermando tanto la sua nota inadeguatezza come titolare-titolare nel ruolo, quanto l’ingiustizia che lo vuole come capro espiatorio per colpe principalmente altrui.

Fermo restando che tutto nasce da una voragine nell'organico e in una posizione decisiva per il 4-3-3, con le solite due opzioni per la caccia al colpevole.
Un tecnico che pretende di imporre quel gioco in assenza di una figura indispensabile per metterlo in atto.
Un DS che, contando dopo anni su un identikit tattico definito nei dettagli, riempie tale casella con Marcos Antônio.

Chi scrive, dovendo scegliere, butterebbe dalla torre Tare; potendo scegliere, butterebbe entrambi.

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