Visto da me: Lazio-Napoli 1-2
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di Er Matador
Zaccagni illude la Lazio, anche risolvendo temporaneamente un suo limite: la leziosità e l’indecisione sul perimetro. Freddezza e precisione chirurgiche per un gol alla Pedro, ed è difficile trovare complimento migliore per un esterno.
Peccato che la gara dei biancocelesti finisca lì: due pali a portiere battuto e almeno tre paratissime di Provedel – che per una questione di millimetri non ha preso anche il colpo di testa dell’1-1, dove forse era stato inizialmente poco reattivo – raccontano di una partita disputata con una porta sola. Divorante la voragine fra difesa e centrocampo, particolarmente evidente in occasione del raddoppio (nella foto, ndr), in cui la mediana è stata inghiottita anche grazie alla sua composizione nell’undici di partenza.
Ormai è chiaro come esistano due tipi di partite. Quelle in cui la Lazio è tecnicamente superiore, nelle quali la presenza di Luis Alberto è indispensabile per il contributo di qualità e idee. Quelle in cui la Lazio è tecnicamente inferiore e deve contare su doti più operaie, nelle quali la presenza di Luis Alberto è deleteria: oltre a privare di una carta, spesso decisiva, a match in corso. Non si tratta di colpevolizzare il giocatore, pur discutibile nel suo approccio al calcio, quanto di considerarne realisticamente pregi e difetti in rapporto al modulo immutabile.
Concetti ormai chiari ai sassi, ma evidentemente non ai Sarri. Vale a dire a un allenatore finito sul piano delle motivazioni, patologicamente ottuso, scolastico fino al ridicolo nei cambi. Che non ha risolto uno solo dei problemi strutturali ereditati dal circo Togni dello spiacentino, e il cui lavoro sulle teste si limita al pettinare le bambole. Un allenatore purtroppo inesonerabile per motivi pecuniari, e al quale stiamo pagando la pensione.
Al dossier ripetitivo quanto sconsolante si aggiunge l’inferiorità sulle palle alte, che pure non costituiscono l’arma migliore dei partenopei: a tratti sembrava di giocare contro la Norvegia dei Flo e di “Drillo” Olsen. Quanto ai singoli, molto più delle giornate no che possono capitare incidono le condizioni di Immobile, già boccheggiante dopo poche giornate dall’inizio del torneo. Aver liberato risorse con un operato finalmente efficiente in uscita, ma senza riconvertirle nell’acquisizione di un’alternativa in attacco, è un crimine tecnico a pieno titolo. L’ennesimo perpetrato dal faccendiere schipetaro, senza che il responsabile sia chiamato a risponderne.
A margine, la solita direzione di gara doppiopesista su falli e cartellini nonché l’intervento di Mario Rui su Lazzari: non aver neppure consultato il VAR, per un rigore plateale già del vivo, certifica la malafede.
Ma non raccontiamoci di aver perso per questo: il colpevole, per dirla con Gino Paoli, è l’arbitro in panchina che non gioca la partita ma la decide lui.
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