Visto da me: Lazio-Sampdoria 2-0
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di Er Matador
Tre punti fondamentali per un piazzamento nelle Coppe, vittoria relativamente in scioltezza, gioco fluente... o forse no? A chi scrive il bicchiere sembra mezzo vuoto, e neanche di quello buono, per diversi motivi:
1) l’ossessività con cui, nel primo tempo, si è triplicato sul binario di destra. Poi il gol è arrivato da lì, con Lazzari che guadagna una punizione e la pennellata da fermo di Luis Alberto per la testa di Patric. Ma trasformare una risorsa tattica in un monotema non è buon segno
2) Il raddoppio di Luis Alberto, un gioiello che ricorda le parole di tale Johan Cruijff su un giocatore da lui allenato al Barcellona, tale Romário de Souza Faria: “l’unico in grado di inventare calcio in un metro quadro”. Esiste, però, un altro livello di lettura: a partire dal fatto che lo spagnolo ritarda la conclusione trovandosi Audero troppo vicino, ed è costretto a inventarsi la meraviglia di cui sopra. In questo senso, il gol del 2-0 diventa una metafora del sarrismo versione Formello. Vale a dire un arabesco complicatissimo, dalla traiettoria allungata all’inverosimile, a bassa probabilità di riuscita, laddove bastava un tocco a porta semivuota
3) L’atteggiamento della squadra dopo il raddoppio: pura e sterile accademia. Che ci può stare, d’accordo, ma sul 5-0. Così ci si è invece esposti al rischio di un estemporaneo gol doriano, che avrebbe spalancato l’abisso di uno psicodramma. E il palo di Quagliarella (nella foto, ndr) è lì a certificare un pericolo scampato, in questo caso, con una fortuna non proprio meritata
4) La scontatezza dei cambi, ossessivamente uno a uno senza varianti. E con la tassa Hysaj, che stranamente ha tolto un po’ di solidità difensiva
Come sarebbe finita contro un avversario più motivato e qualitativo? La risposta, purtroppo, è già arrivata sul campo.
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