Visto da me: Fiorentina-Lazio 0-3
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di Er Matador
Semplicemente, la migliore Lazio della stagione.
Perché la prima veramente in linea con dettami e attese suscitate dal sarrismo. Perché ha maramaldeggiato contro un avversario che con lo Spezia condivide tuttalpiù il tecnico. Perché mai come ieri i pericoli creati in area sono apparsi consequentia rerum rispetto allo sviluppo delle trame di gioco. Perché ha stravinto sul campo di una società fra le più inutili e odiose del pianeta.
Al Franchi si è visto per la prima volta ciò che Sarri ha o avrebbe cercato dall’inizio della stagione: una squadra più lontana dagli standard italiani, e più vicina a quelli continentali, in materia di ritmo, pressing, precisione nei passaggi. Standard che la Lazio ha mantenuto per tutti i novanta minuti, con una differenza a definire i parziali delle due frazioni: nel secondo tempo ha recuperato l’anello mancante, cioè la misura nelle giocate dalla trequarti in su.
Chiuso il cerchio in tal senso, la difesa viola ha ceduto di schianto sotto i colpi di una manovra altamente qualitativa, martellante, resa imprevedibile da rapidi e ben congegnati scambi di posizione. Alternando inserimenti, come quello micidiale di Milinković-Savić sul primo gol, alla ricerca della profondità col giocatore strutturalmente più avanzato, vale a dire Immobile.
A proposito dell’1-0, un confronto col gol decisivo di Coppa Italia contro l’Udinese chiarisce i passi avanti compiuti a livello collettivo. Contro i friulani, Cataldi e Ciro avevano sommato due giocate eccellenti dalle rispettive posizioni, ripetendo il plot consueto sotto il predecessore di Sarri con Luis Alberto nei panni di assist-man. Tutto pregevole sul piano tecnico, ma sostenuto da un’intesa esclusivamente individuale.
Ieri, invece, l’eccellente Zaccagni ha allargato il fronte offensivo con un movimento a semicerchio verso la linea laterale, per poi riguadagnare il centro con un millimetrico tocco d’esterno a premiare l’inserimento, con perfetto tempismo, del serbo. Un’intuizione euclidea, quella dell’ex veronese, che per un attimo ha ricordato il miglior Cassano. Il fatto che i giocatori di cui sopra non si scambino abitualmente il pallone e i meccanismi richiesti da un’azione del genere presuppongono, per la prima volta nella stagione, una raffinata organizzazione offensiva. Ammirata peraltro anche nel primo tempo, quando Pedro, servito finalmente sulla corsa, ha aggirato più volte il malcapitato Biraghi allargando il campo verso la linea laterale.
Fondamentale nelle verticalizzazioni il contributo di Luis Alberto, restituito alla posizione naturale con un semplice ritocco nei tre di centrocampo: uno dei due interni di qualità avanzava, nel caso dello spagnolo con accelerazioni palla al piede, mentre l’altro andava a comporre la coppia di mediani surrogando il contributo di Bašić. E il tutto senza concedere alcunché in difesa, con Lazzari meglio applicato nei movimenti da esterno a quattro, distanze corrette fra i reparti e concentrazione nell’eseguire giocate semplici. Più il vecchio adagio del Barone Liedholm, secondo il quale se il pallone ce l’abbiamo noi non ce l’hanno gli avversari.
Domanda d’obbligo: servivano mesi per questi aggiustamenti, che hanno trasformato un aborto tattico in una schiacciasassi? No, e infatti gli indicatori determinanti sembrano altri:
1) una condizione fisica all’altezza, che ha consentito di martellare dal primo al novantesimo più recupero
2) Una condizione decente di Leiva, poco sollecitato in fase difensiva ma in grado di portare oltre l’ora di gioco una partita di regolarità
3) L’atteggiamento dei singoli: sempre sul pezzo, proattivo, lontanissimo dalla rassegnazione con cui troppi si lasciavano scivolare addosso palloni e gare
Una rondine che non fa primavera? O l’inizio di qualcosa, a partire dal fatto che Sarri, per usare le sue parole, sembrerebbe davvero riuscito a “entrare dentro” i giocatori? Posto che la Lazio di ieri avrebbe messo in difficoltà qualunque avversario di campionato, molto dipenderà dalla capacità di mantenere un livello accettabile nei parametri appena citati. Ma anche dall’avere a disposizione un piano B, per limitare i danni in caso di giornata no evitando che la squadra si spenga come un interruttore.
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