Visto da me: Lazio-Udinese 4-4

di Er Matador



Partiamo dalla difesa, protagonista di una prova indecente anche a livelli sub-amatoriali.
Gli strali di giornata vanno comprensibilmente a Patric, ma che sia davvero lui il problema è un altro paio di maniche.
Lo spagnolo lo conosciamo: giocatore di rara mediocrità, clamorosa intuizione del #diessepiubravodelmondo, ma nel ruolo si era disimpegnato in questa stagione con risultati non disprezzabili.
Del resto, già negli anni ruggenti della rivoluzione zonista, elementi modesti come Gianluca Luppi trovavano posto grazie alla loro velocità di base, che forniva un fondamentale assortimento per quel modulo.
La realtà è che, Patric o meno, la Lazio di Sarri difende a quattro come la Lazio di Inzaghi difendeva a tre: vale a dire a cazzo, senza la minima logica di schieramento.
Lo fa solo con un uomo in meno, da cui le statistiche rovinose in materia di gol subiti, ma il problema è qualitativo.
A partire da un ulteriore elemento di continuità fra le due situazioni: il signor Francesco Acerbi, del quale sarebbe utile ripercorrere la carriera in biancoceleste.

Prima ha preteso di giocare sempre, esponendo a infortuni evitabili un punto di forza quale era allora, per una sterile statistica individuale: un atto di insubordinazione passato in cavalleria, nonostante l’insostenibile lezzo di tottismo.
Quindi ha imposto alla squadra la propria disforia di ruolo, giocando partite da ala quando serviva copertura dietro.
Ora persevera in un ruolo da titolare inamovibile, a dispetto di prestazioni vergognose e di un approccio tatticamente nocivo.
Sì, perché il tipo si è confermato a suo tempo eccellente marcatore, la cui idea di calcio non va però al di là del seguire il centravanti avversario persino in bagno e schiacciarsi sul portiere quando non ha riferimenti diretti.
Un reperto del calcio di provincia anni ‘80, e da tempo un reperto anche sul piano della condizione fisica.
Perché continua a giostrare come leader del reparto pur essendo un Candreva difensivo, inteso come centrale tatticamente più stupido nella Storia del calcio?
Seriamente: ha trovato Enrico Lotito in bagno, magari in qualche situazione poco commendevole?
Altrimenti non si spiega una simile enormità, nonostante sia il perno anti-tattico della squadra: dato che dai suoi non movimenti dipendono la fragilità difensiva e l’abisso fra le le linee, in cui gli offendenti sguazzano a piacimento, con uno squilibrio e una disfunzionalità che si ripercuotono anche sulla mediana.
Si vedano i gol di ieri:

0-1: Patric perde la marcatura come un allocco, ma lì la difesa doveva salire per mettere in fuorigioco l’avversario
0-2: il giocatore più veloce – in quel caso Lazzari – dovrebbe scalare in seconda battuta, evitando la chiara occasione da gol e lasciando al compagno il primo tentativo di intervento
1-3: disposizione difensiva inesistente, nel presidio sia dell’uomo sia dello spazio
4-4: incommentabile (nella foto, ndr), senza precedenti anche nel calcio dilettantistico

Tutte situazioni nelle quali un riferimento difensivo dovrebbe guidare schieramento d’insieme e movimenti dei compagni.
Tutte situazioni nelle quali, come accade da anni, la gestione della linea difensiva è stata lasciata al caso.

E le colpe di Sarri? A giudizio di chi scrive, la polemica sul modulo coglie fino a un certo punto i reali problemi.
La citata linea a quattro, innanzitutto: un tentativo obbligato, poiché il 3-5-2 fossile dello spiacentino - che si reggeva unicamente su Dioleiva, senza il quale risultava insostenibile - era ormai un limone marcio più che semplicemente spremuto.
Ma ancor meno plausibili appaiono le osservazioni sulle difficoltà di adattamento al nuovo modulo difensivo: che, se non lo si complica con fuorigioco sistematico e simili, rimane il più semplice da apprendere nei suoi meccanismi essenziali.
Osservazioni del genere avrebbero più senso nella direzione inversa, laddove i singoli dovessero inserirsi nei più complessi marchingegni della difesa a tre (perlomeno se attuata da un allenatore di ruolo).
Maggiormente fondate le critiche al 4-3-3 da metacampo in su, dove alcune individualità importanti non si adattano (Immobile) o non si vogliono adattare (i due interni).
Ammettiamo che il tecnico viri su un più razionale ed elastico 4-2-3-1, con due uomini a proteggere la terza linea e più libertà di movimento per gli altri: davvero si crede che così avremmo risolto tutto?

Il punto di partenza sembra piuttosto quello, già citato, sulle somiglianze fra la difesa della Lazio di Sarri e quella della Lazio di Inzaghi: e, in generale, sulla persistenza di tare ataviche transitate attraverso i vari predecessori.
Dipende dal fatto che il toscano pretenda di imporre le proprie idee? O piuttosto dal fatto che non le imponga abbastanza?
Che non abbia sufficiente polso, e magari sufficiente sostegno societario, per piegare alle logiche del calcio professionistico quattro starlette da recita parrocchiale?
Francamente, a meno di pensare che l’allenatore abbia ordinato di schierarsi come sul quarto gol, è difficile attribuirgli nefandezze cui assistiamo da troppi anni.
Qui i casi sono due: o disadattamento al calcio di livello in troppi singoli o ammutinamento di spogliatoio.
In entrambi i casi, la soluzione è la stessa: diciotto cessioni (cit.).

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