Visto da me: Lazio-Salernitana 3-0
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di Er Matador
La stessa Lazio che nelle prime due giornate aveva battuto Empoli e Spezia, con un assetto proponibile solo contro quel tipo di avversari? Sì e no. In comune c’è la presenza di tutta la qualità disponibile a centrocampo, con Milinković-Savić e Luis Alberto interni; a fare la differenza provvedono, in compenso, diverse migliorie.
Intanto le caratteristiche della Salernitana, modesta ma meno propensa a lasciar giocare, il che rende più significativo l’averla ridotta all’impotenza.
Poi la coppia dei terzini, con Hysaj a destra e Marušić a sinistra per quella che sembra al momento la combinazione più equilibrata. Da lì la migliore partita della stagione quanto a funzionamento delle catene sulle fasce, capaci di proporre interscambi di posizione a ciclo continuo e di rimanere corte senza risucchiare la squadra all’indietro.
La manovra d’insieme, resa maggiormente incisiva da uno schieramento più compatto e dal ridotto numero di errori in appoggio.
E soprattutto la prestazione di Luis Alberto, che ne delinea finalmente un ruolo in questo progetto tecnico. Sin qui lo spagnolo si era adattato di malavoglia, a prezzo di un pesante rientro nei ranghi sul piano delle giocate individuali. Oggi, e non solo per il gol capolavoro con cui ha chiuso la sfida, ha dato per la prima volta la sensazione di far coesistere i suoi acuti caratterizzanti con la consapevolezza di praticare una disciplina di squadra. Se davvero la sua crescita dovesse portare in quella direzione avrebbe vinto Sarri, avrebbe vinto lui, avrebbe vinto la Lazio.
Migliore in campo, tanto per cambiare, il sempre più decisivo Pedro. Sul primo gol, il suo riflesso nel pettinare il traversone troppo teso di Milinković-Savić predispone l’alzo giusto per la conclusione di Ciro. Sul secondo i campani peccano di presunzione nel palleggio difensivo e Gyömbér, preso alla sprovvista dal compagno, fa la figura del tordo: ma non tutti possiedono quella prontezza di riflessi, né l’abilità nella finta di corpo con cui l’ex Barça mette fuori gioco l’avversario diretto. Ciò che impressiona in Pedro è la testa, per lettura in tempo reale della partita e velocità di elaborazione da microprocessore: se appena il fisico regge, giocatore straordinario.
Situazioni da migliorare? Quasi tutto ruota attorno a un vecchio difetto inzaghiano, vale a dire il calo di tensione nel primo quarto d’ora nella ripresa. La partita non ancora chiusa dopo un buon primo tempo e i due pali dei campani definiscono una narrazione che, contro squadre più qualitative, poteva preludere a sviluppi meno confortanti. Il giallo speso troppo precocemente da Cataldi e la percussione in solitaria di Ribéry, sul secondo legno per gli ospiti, evidenziano punti di sutura ancora freschi nelle distanze fra difesa e centrocampo. Anche se, perlomeno in quest’ultima circostanza, la responsabilità va alla terza linea con la sua eccessiva propensione ad arretrare in blocco.
Bilancio di giornata comunque positivo, con la sosta che forse non arriva al momento giusto. Quando si uscirà dalla logica di questi micidiali stop and go, con raffiche di partite ogni tre giorni intervallate da brusche interruzioni e/o trasferte con le Nazionali, sarà sempre troppo tardi.
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