Autore Topic: La Roma, calciopoli e le domande che nessuno fa  (Letto 907 volte)

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La Roma, calciopoli e le domande che nessuno fa
« : Mercoledì 14 Marzo 2012, 09:28:58 »


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Roma, 12 marzo 2012  - C’era una volta un re che disse alla sua serva raccontami una favola e la serva incominciò…Chissà se l’allora maggiore dei carabinieri, Attilio Auricchio, e il direttore sportivo della Roma, Franco Baldini, nei loro incontri, collocabili tra fine 2004 e prima metà del 2005 pensavano all’incipit della canzone di Daniele Silvestri, L’Uomo col megafono. Proprio il legame tra l’investigatore e l’alto dirigente giallorosso occupa pagine importanti nelle motivazioni depositate il 6 febbraio dal Collegio presieduto da Maria Teresa Casoria al termine del processo di I grado che ha portato alla condanna di Moggi per associazione a delinquere, senza dimenticare le pene inflitte, reato di frode sportiva, al presidente della Lazio, Claudio Lotito, e al patron della Fiorentina, Diego Della Valle. I rilievi della Casoria sono chiari, univoci e poco interpretabili, frasi che possono solo alimentare i dubbi di chi non ha condiviso appieno il modus operandi degli inquirenti, partendo dalla prima, banale quanto logica domanda: “Ma quale inquirente per indagare sul mondo del calcio chiede aiuto ad un dirigente, come Baldini, il cui coinvolgimento potenziale nello sviluppo del processo, a priori, non poteva essere escluso da nessuno, Auricchio in primis?”. Già a pagina 101, quando il tribunale spiega, correttamente, come “il dibattimento sia il luogo nel quale si forma la prova”, riferendosi a Baldini, scrive letteralmente di un pm costretto a “incassare l’esternazione a freddo del teste (d’accusa), indicativo del suo malanimo con il quale ha dato l’avvio alla collaborazione con l’investigatore ufficiale Auricchio”. Le parole in questo caso sono importanti, come i dettagli fanno la differenza: quindi non era il fuoco sacro di Olympia (quella lasciatela ai laziali, almeno quella, ndr) a indurre Baldini a collaborare con Auricchio, c’era dell’altro? E se sì, cosa?  Se a pagina 101 si parla di “collaborazione”, a pagina 56, come già evidenziato dalla profonda analisi di Chiocci sul Giornale, la giudice Casoria usa un’espressione più indicativa del tipo di rapporto tra l’ufficiale e il dirigente: “Il primo ottobre 2010…veniva esaminato il teste Baldini Franco, in atto general manager della nazionale inglese, grande suggeritore d’accusa, per collaborazione con l’investigatore Auricchio, dichiarata da entrambi”. La terza domanda sorge spontanea: cosa voleva suggerire Baldini, c’era un ritorno personale suo, o indirettamente, della squadra, la Roma, per la quale aveva prestato servizio fino al marzo 2005? Ovviamente nessuno conosce le risposte, ma certo se le domande neanche vengono fatte…In realtà, Baldini viene ascoltato da Auricchio, il 15 aprile 2005, un incontro a due cui presiede solo Auricchio, in assenza di altri testimoni. Torniamo alla Casoria. Il presidente del collegio, dai modi a volte sgarbati ma decisamente competente quanto coraggiosa (tre richieste di ricusazione, tra cui quella del pm Narducci e delle sue due colleghe giudici respinte con pieno successo, altro anomalo record di questo processo, ndr) a pagina 429 torna sulla bontà delle intenzioni di Baldini. Riferendosi a Moggi, ribadendo la sua capacità di muoversi nelle istituzioni, “alla sua ampia possibilità di manovra”, Casoria rispetto alla telefonata 8222 del 4 aprile 2005 tra Baldini e il vicepresidente Figc, Innocenzo Mazzini, verga decisa: “La conversazione svilisce la genuinità del discorso intavolato tra Baldini e Auricchio agli albori dell’indagine”. Ci risiamo, allora ci chiediamo, e quattro: perché questa conversazione non è stata portata all’attenzione dell’accusa da Auricchio ma dalla difesa di Moggi che l’ha depositata in tribunale? Che questa domanda sia lecita ce lo dice, indirettamente, proprio la Casoria, basta proseguire con la lettura. Arriviamo a pagina 437: «La conversazione è significativa anche perché presenta la comunanza di fiume di parole e discorsi di ampia portata, da cui il pm ha tratto elementi per dimostrare l’esistenza dell’associazione avente il capo in Moggi». Ovvero, si domanda la giudice, perché questa telefonata che contiene spunti interessanti, anche per sostenere le tesi degli investigatori, non è stata utilizzata? Il sospetto è ancora più giustificato se pensiamo ad una frase contenuta nel colloquio, una previsione che avrebbe meritato, visto anche il metro utilizzato verso altri imputati, un diverso approfondimento. Baldini, rivolgendosi a Mazzini afferma: «Forse, se tu ti comporti bene, quando farò il ribaltone e tanto lo farò perché io vivo per quello, fare il ribaltone e butterò tutti di sotto dalla poltrona (…) io ti salverò, forse». Ormai siamo alla question number six: cosa intende Baldini per ribaltone, chi deve entrare al posto di chi? Ovviamente nessun intende fare un processo mediatico, non c’è alcuna prova di illecito in quelle frasi, ma una convocazione da Palazzi sarebbe stata doverosa, se pensiamo che il capo della Procura Federale pochi mesi fa ha  aperto un fascicolo per una litigata fra Lotito e un giornalista viene da ridere, anche se qui abbondano le lacrime, non certo i sorrisi. Qualche risata in realtà l’abbiamo ascoltata, nella telefonata del 21 maggio 2005, quando Mazzini chiama Pradè, siamo alla vigilia di Atalanta-Roma, partita chiave per la salvezza di entrambe poi vinta dalla Roma con gol di Cassano, arbitro Bertini, condannato a Napoli, possessore di scheda svizzera. Questo il contenuto integrale:

M. “Sono Innocenzo Mazzini, sono il tuo presidente…”

P. “Mamma mia, ma come è possibile che non rispondo a te, ma scherzi. Con

quello che stai facendo per noi. Non lo avevo sentito Innocenzo…Ce l’ho… Avevo

il vibra….”

M. “Dimmi un po’ come tu vai”

P. “Eh, che ci devi da’… Lo sai che punto molto su di te eh?”

M. “Oh, che devo fare di più?”

P. “Niente, devo passare domani e poi c’è un grande futuro. E anzi, se passate

domani mi piacerebbe tanto incontrarti e parlarti. Anche la dottoressa Sensi.

Incontrarci”

M. “Comunque troverai un ambientino… Meno male che tu sei tutelato molto…

Perché c’è un grande arbitro”

P. “Quanto grande?”

M. “Grandissimo…”

P. “Vabbò…”

M. “Per cui… Mi raccomando a te. Determinazione, voglia, corsa…. tutte cose

dovresti avere però non lo so se tu ce l’hai”

P. “Non ce l’ho”

M. “Però tielli insieme dai, forza”

P. “D’accordo. Grazie Innocenzo”

M. “Ci sentiamo settimana prossima a salvezza tocchiamoci le palle, va bene?”.

Riassumendo, Mazzini tranquillizza Pradè, “sei tutelato…hai un arbitro grandissimo”, e, se questo non bastasse, Pradè invita Mazzini a passare, “c’è un grande futuro. E anzi, se passate

domani mi piacerebbe tanto incontrarti e parlarti. Anche la dottoressa Sensi.

Incontrarci”. Quindi, passateci la battuta, er proggetto della Roma parte dal 2005, Baldini parla di ribaltone, Pradè di “Grande futuro”. Che anche questo non sia stato oggetto di approfondimento da parte della giustizia sportiva appare anomalo, decisamente iniquo se si pensa alla Fiorentina, e al peso che il famoso pranzo di Della Valle con i designatori ha avuto nella condanna dei gigliati. Ma, come canterebbe Mia Martini, “non finisce mica il cielo”.  Prima di questa telefonata, grazie al lavoro di Penta ne è sbucata un’altra, registrata prima del derby del 15 maggio 2005 mestamente finito 0-0, quello del labiale Cassano-Liverani. Anche qui il testo è decisamente imbarazzante.

Dirigente Roma: Ci vuole una persona di spessore

Dirigente FGCI: chi hanno in mente loro?

DR: hanno in mente lui…come fai se non ti salvi?”

DF: Non c’è dubbio”

DR: Che poi sta poraccia (la Sensi) stà cosi. Ha bisogno di qualche segnale dall’alto… se qualcuno gli dà un segnale di tranquillità… lei prende una boccata di ossigeno…secondo me un segnale bisogna darglielo”

DF: Fai cosi’..quando si organizza il pranzo con * a Roma… magari poi lui va a prendere un caffè da Rosella Sensi…

DR: Anche per tranquillizzarla capito?

DF: Va bene te lo prometto… o mercoledi o giovedi.

Detto che le colazioni in casa Roma vanno di moda, leggi il caffè in Campidoglio voluto da 'giornalista ex politico italo-sloveno che copia canzoni altrui (e che porta iella)' tra Giraudo e Rosella Sensi, convivio che portò all’addio di Baldini, in questa telefonata emergono due fatti gravi: la richiesta di un segnale dall’alto da parte di un dirigente della Roma; ancora un pranzo da celebrare tra Sensi e Mazzini. Tornando al lavoro di Auricchio, e al “grande suggeritore” Baldini come scrive Casoria nelle motivazioni, ci domandiamo come sia possibile che, esclusa la stampa che spesso davanti alla Roma canta “Zitti zitti il silenzio è d’oro”, nessun giudice, nessun inquirente, si chieda come siano giustificabili certe lacune investigative e, soprattutto, perché queste telefonate siano state nascoste alla pubblica opinione perché non rilevanti. C’è un’ultima domanda, lasciata inevasa da Auricchio e il suo gruppo dio lavoro. La telefonata è la 32727, parlano Bergamo e Carraro dopo il pessimo arbitraggio di Racalbuto che in campo danneggia la Roma. L’allora presidente Figc è alterato perché aveva chiesto attenzione. Il passaggio chiave è il seguente:

C: “State attenti, perché io sono stufo, il sintomo che non conta un c…è che si dia un rigore che comunque è al limite dell’area, è al limite dell’area!. Allora, quando un arbitro dà un rigore al mite dell’area, vuol dire che gli scappa che la Juventus voglia, debba vincere la partita.

B: Be’, questo…Racalbuto era preparato a fare il contrario…

Quindi, Racalbuto era preparato, dice il designatore Bergamo, a favorire la Roma? Anche questo non lo sapremo mai, con buona pace della giustizi sportiva e di Auricchio, nel frattempo spostatosi insieme con il pm Narducci, a lavorare al fianco del sindaco De Magistris. Scurdammoce ‘o passato,. simmo ‘e Napule, paisá.

Fonte: Gianluca La Penna, Radiosei

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